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Politica, moneta e banca centrale. Il caso Ungheria

Per il premier ungherese Viktor Orban oggi è un giorno importante. Finalmente ha regolato un conto, e Gyorgy Matolcsy, il discusso ministro dell’Economia autore di una serie di politiche “non ortodosse”, sarà il successore dell’inviso Andras Simor alla carica di governatore della Banca nazionale d’Ungheria. Un passo, questo, che dovrebbe portare l’istituto d’emissione del fiorino a una politica più gradita al governo.

Una nomina attesa

La notizia della nomina di Matolcsy è stata tutto meno che una sorpresa. Da tempo il suo nome girava come possibile successore di Simor e voci di mercato avevano avanzato preoccupazioni. Il giornale economico online Portfolio.hu, negli ultimi giorni aveva avanzato riserve sul fatto che la scelta fosse ormai assodata sulla base anche di una recente intervista di Orban in cui sembrava orientato a un’opzione più conservativa. Invece, oggi, Orban ha reso pubblica la sua scelta nella sua intervista settimanale alla radio pubblica MR1 e, a chi gli faceva notare che i mercati considerano Matolcsty un rischio, ha risposto: “Questo vuol dire che è il rischio minore”.

Il rapporto burrascoso tra il premier e l’ex governatore

Simor è stato governatore per sette anni ed è stato nominato dalla precedente maggioranza socialista. Non poteva essere di nuovo nominato e comunque Orban non l’avrebbe certamente fatto.

La loro coabitazione è stata a dir poco burrascosa. Lo scorso anno l’Ungheria ha presentato una proposta di riforma della banca centrale giudicata pericolosa dalla stessa Unione europea, che vi si è opposta con forza vedendovi un tentativo di minare l’autonomia dell’istituto indipendente.
Una pressione, quella esercitata dal premier, che è andata anche direttamente su Simor, a cui ha cercato di tagliare la retribuzione. Di fronte alla ferma condanna Ue, Orban ha poi in parte cambiato la nuova normativa, ma ha comunque modificato la composizione del Consiglio monetario, l’istituzione interna della banca che decide la politica monetaria, creando una maggioranza favorevole alle politiche espansive del governo.

Le preoccupazioni degli analisti

La nomina di Matolcsy è stata vista con molta preoccupazione dagli analisti di mercato. Il fiorino ha subito il colpo, in un primo momento, ed è sceso nel suo rapporto con l’euro a quota 296,3 per poi riassestarsi a 295,6.

Parlando con Portfolio, l’analista di Nomura Peter Attard Montalto ha indicato l’avvento di Matolcsy alla guida della banca centrale come l’inizio di un “eccentrico postmodernismo” alla banca centrale.

“Se l’economia continuasse a non riprendersi e se il sostegno al partito di maggioranza Fidesz fosse a rischio in vista delle elezioni, e sembrasse insufficiente a ottenere una maggioranza nelle elezioni politiche di aprile 2014, io penso che sarebbe inevitabile che la banca centrale sotto Matolcsy scelga la via non ortodossa. I tassi verrebbero abbassati in modo aggressivo non sarei sorpreso di vedere la Banca centrale più attiva sul mercato dei cambi”, spiega Timothy Ash di Standard Bank, Londra.

Le altre banche centrali sotto pressione governativa

La stretta del governo ungherese sulla banca centrale, in realtà, non è un caso isolato. Casualmente la nomina di Matolcsy viene nello stesso giorno di quella di Haruhiko Kuroda a capo della Banca del Giappone. Anche nel caso di Tokyo, un governo di destra ha deciso di perseguire politiche inflazionistiche per rilanciare l’economia e ha voluto allineare un’istituto centrale considerato troppo timido su questo fronte.

Anche in Europa le pressioni in questo senso sono forti. In Polonia membri di governi, tra i quali il ministro delle Finanze Jan Vincent-Rostowski, hanno criticato duramente la banca centrale. In Serbia, il governo di Belgrado dopo le elezioni ho voluto una legge che fornisce ai politici strumenti per controllare la banca centrale. Dopo che il governatore, per protesta, si è dimesso, alla testa dell’istituto è stato indicato un politico.

Un problema globale

“E’ un problema globale. Le banche centrali stanno prendendo decisioni che sono non solo di natura tecnica, ma che hanno anche un connotato politico”, ha spiegato al Wall Street Journal il governatore delle banca centrale polacca Marek Belka. “C’è – ha continuato – una tentazione naturale a trattare le banche centrali come parte del governo”.

 

 


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