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Perché Papa Francesco non è di sinistra

Ma cos’è la destra, cos’è la sinistra?” direbbe Giorgio Gaber, cantautore lontano da etichette, leggendo i tanti articoli che in queste ore si sforzano di ritrarre la figura politica e sociale di Papa Francesco.

Un profilo, quello del Pontefice, difficile da tracciare data la complessità della Chiesa e del suo loro ruolo nel mondo.

Descritto forse in modo improprio come un riformista, almeno non nell’accezione comune, per storia personale l’ex cardinale Bergoglio dimostra piuttosto di essere un conservatore molto attento alle dinamiche sociali, intransigente dal punto di vista dottrinale, ma strenuo difensore di una società più sobria ed equa, anche se fondamentalmente capitalistica.

La sua forse sarà una Chiesa costruita in una casa di vetro, ma che difficilmente cederà il passo a stravolgimenti al modello etico – ma anche economico – che ha contraddistinto il Vaticano negli ultimi decenni.

LA CONDANNA ALLA TEOLOGIA DELLA LIBERAZIONE
Che Papa Francesco non fosse un rivoluzionario della politica economica lo si era intuito anni addietro, quando durante la giunta militare in Argentina molti sacerdoti, tra cui gesuiti importanti – come raccontato sul National Catholic Reporter da John Allen – gravitavano intorno al movimento progressista Teologia della liberazione.

La Teologia della liberazione – si legge su Il Sole 24 Ore in un pezzo di Giovanni Santambrogio – nasce dopo il Concilio Vaticano II e si propone come una interpretazione del Concilio nel continente dell’America Latina che vive non poche contraddizioni: povertà fino alla miseria, fame, favelas, situazioni politiche caratterizzate da dittature militari. Che risposte può dare la fede? Il Vangelo può costituire con la sua promessa di vita nuova uno strumento di liberazione e affrancamento dalla povertà e dalla violenza? La chiesa che ruolo può svolgere?

Come referente provinciale dei gesuiti, allora Bergoglio ha insistito su una lettura più tradizionale della spiritualità ignaziana, continuando a stare nelle parrocchie e ad agire come cappellani, piuttosto che muoversi in “comunità di base” e fare attivismo politico.

LONTANO DA UNA CONCEZIONE MARXISTA
Gli accenti politici e marxisti che prendono presto i discorsi teologici in Sudamerica travisando o estremizzando alcune tesi – racconta il quotidiano economico – sollevano forti preoccupazioni nella Chiesa locale e in Vaticano. Papa Paolo VI sente il dovere di intervenire e a Puebla, in Messico, nel 1979 l’episcopato dell’America Latina condannerà la Teologia della liberazione.

In Vaticano Joseph Ratzinger, su invito di Giovanni Paolo II inizia a occuparsi di teologia della liberazione esaminandola dal punto di vista dell’ortodossia e della dottrina sociale della chiesa, denunciando la sudditanza della Teologia della Liberazione all’analisi marxista della società e quindi la sua incompatibilità con il messaggio evangelico.

Grande sostenitore della Teologia della liberazione fino a diventarne l’interprete internazionale è stato padre Leonardo Boff, un francescano. Papa Wojtyla interverrà allontanando dai vertici della gerarchia ecclesiastica i più strenui interpreti. Con Leonardo Boff avviò un confronto serrato fino al processo ecclesiastico conclusosi con l’uscita di Boff, nel 1992, dall’ordine del francescano.

Papa Bergoglio – conclude la testata milanese – ha vissuto in Argentina tutta questa avventura ecclesiale non condividendo le tesi della Teologia della liberazione e arrivando anche a condannare i suoi confratelli gesuiti che si lasciavano attrarre.

UN CONSERVATORE CON UNA SENSIBILITÀ SOCIALE
Horacio Verbitsky, scrittore e intellettuale argentino, si è dedicato a scrivere sulla storia della politica della Chiesa cattolica e – come scritto da Rossana Miranda – uno dei suoi principali “bersagli” è proprio Papa Francesco.

Ma una cosa riconosce Verbitsky di Bergoglio ed è che riunisce in sé due tratti che di solito non si trovano insieme: l’essere un conservatore radicale, (definizione condivisa dal New York Times) ma con una forte sensibilità sociale. “Quello che nella politica argentina si conosce come un conservatore popolare, in privato si definisce come peronista e i suoi riferimenti sono della “Guardia de Hierro”, battezzata così dall’organizzazione paramilitare antisemita romena dello stesso nome, fondata da Corneliu Codreanu”, ha scritto Verbitsky, su Página 12 nel 2005.

Poi, le dichiarazioni accese di Bergoglio – ricorda Miranda – contro la corruzione a proposito delle conquiste sociali e la dignità dei lavoratori: “Quella linea è stata disegnata come via di fuga per le accuse durante la dittatura, che si sono riaccese nel 1995 con la rivelazione che la Chiesa avrebbe messo in atto metodi barbari di esecuzione contro prigionieri politici, ha scritto il giornalista.

NERVI TESI CON I POLITICI SUDAMERICANI
È sul fronte dei diritti sociali che l’ex Cardinale sembra essere maggiormente in contrasto con la sua definizione di riformista, come rilevato dalla Uaar, l’unione italiana degli atei.
In questi anni l’Argentina ha dato il via a una serie di riforme laiche, come il matrimonio e le adozioni gay e la legge sul fine-vita, che hanno visto la resistenza degli ecclesiastici locali. In particolare proprio Bergoglio, assieme ai Vescovi, definiva il matrimonio gay come “segno del demonio” e “attacco devastante ai piani di Dio”.

Si era distinto – sottolinea la Uaar – per essere in prima linea nella crociata contro le nozze gay e per il pressing sul governo. L’allora cardinale e arcivescovo di Buenos Aires criticava nel giugno del 2007 la candidatura alle presidenziali della Kirchner e si sarebbe lasciato scappare dichiarazioni misogine. “Le donne sono naturalmente inadatte per compiti politici”, avrebbe detto, “l’ordine naturale e i fatti ci insegnano che l’uomo è l’essere politico per eccellenza, le Scritture ci mostrano che la donna da sempre è il supporto dell’uomo che pensa e realizza, ma niente più di questo”.

Bergoglio ha ribadito il no all’aborto negli anni in cui anche in Argentina si discuteva se consentire le interruzioni di gravidanza. Il nuovo papa aveva esplicitamente detto di non votare i candidati che difendevano la possibilità dell’aborto, come Dilma Rousseff in Brasile e la stessa Kirchner.

Posizioni, quelle di Bergoglio, tutt’altro che imprevedibili, che se da un lato potrebbero deludere chi nel mondo laico si aspettava una “rivoluzione”, dall’altro sono comprensibili considerati i capisaldi della Chiesa cattolica.


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