Se nell’attuale fase politica venisse istituito il premio alla ragionevolezza, mettendo come indicatori gli interessi del Paese, a vincerlo sarebbe certamente il Pdl; a meno che la giuria non individuasse nella candidatura di questo partito quel tanto di strumentalità che vi è contenuta.
La necessità delle larghe intese
Non è un processo alle intenzioni pensare che la proposta di un governo di larghe intese sia stata avanzata da Silvio Berlusconi al solo scopo di ricevere una risposta negativa e andare così, in breve tempo, a delle elezioni anticipate che questa volta potrebbero essere vittoriose, almeno alla Camera.
L’errore fatale di Bersani
Ma in politica contano gli atti, non le riserve mentali. Nel campo opposto, la linea di condotta del Pd continua ad apparire irresponsabile e faziosa, arroccata a una pregiudiziale inaccettabile verso uno schieramento di centro destra che è per pochi voti è risultato al secondo posto nell’elettorato e che è composto da formazioni politiche che hanno a lungo governato nel pieno rispetto delle regole della democrazia (una garanzia che, ad avviso di chi scrive, non è affatto assicurata dal M5S).
Silvio Berlusconi e Gwyneth Paltrow
Tutto ciò premesso, il Pdl non è immune da responsabilità, anche gravi, per la situazione di stallo che è venuta a determinarsi. Nel film Sliding doors, la protagonista, interpretata da Gwyneth Paltrow, vive due vite parallele a seconda se, in una particolare mattina, sia riuscita a prendere o meno la metropolitana. Sulla scorta dell’idea del film anche noi ci permettiamo di ripercorrere in maniera diversa l’itinerario politico del Pdl dal 7 dicembre 2012 ad oggi.
Il peccato originale dell’ultimo Pdl
Come se andate effettivamente le cose lo sappiamo. In quella giornata Angelino Alfano annunciò in Aula, in occasione di uno dei tanti voti di fiducia (si trattava, in quel caso, del provvedimento sui costi della politica), che per il Pdl l’esperienza del governo dei tecnici doveva essere considerata conclusa e che i gruppi alle Camere avrebbero garantito il varo di talune leggi importanti solo attraverso il voto di astensione. Da quell’atto – ecco il peccato originale – prese le mosse un processo politico che portò alle dimissioni dell’esecutivo, alle elezioni anticipate, alla “salita in politica” di Mario Monti, a una campagna elettorale spregiudicata e di sostanziale ripudio da parte delle forze principali della “strana” maggioranza – ma con toni più trucidi sicuramente ad opera del Pdl – della politica di rigore che tanti sacrifici era costata agli italiani e che aveva permesso di conseguire significativi risultati in un arco temporale ristretto.
Come è andato il voto
L’esito delle urne è sotto i nostri occhi: un Parlamento bloccato, i cui Uffici di Presidenza si preoccupano soltanto di fare il verso all’antipolitica, sfrattando dagli appartamenti di servizio i propri componenti che ne fruivano; l’ingresso a fitte schiere di un esercito di disoccupati, precari, nullafacenti del web, grazie alla “piena” del voto “grillino”; la prospettiva di ritornare presto al voto se il Pd non riesce a mandare al Quirinale un Presidente che ne copra il gioco di un’intesa sottobanco con una pattuglia di transfughi del M5S, al Senato.
I passi falsi dei facilitatori del Pd
Ricordiamolo: Pier Luigi Bersani non è uno sprovveduto. Se il leader del Pd ha impiegato giorni preziosi a consultare chiunque gli fosse passato vicino, ciò è avvenuto perché i suoi “facilitatori” lavoravano ai fianchi quei senatori “grillini”, pronti a restare a bocca aperta e a farsi venire dei casi di coscienza in presenza di un gabinetto (absit iniuria verbis) con ministri il più possibile forcaioli ed antiberlusconiani.
Il merito di Napolitano
E’ merito di Giorgio Napolitano aver evitato al Paese questa avventura, grazie anche al marchingegno dei “saggi”. Ma il Capo dello Stato non può compiere miracoli, perché sa di essere alla fine del suo mandato. Purtroppo, al Pdl è preclusa la possibilità di fare i conti con la politica e stare ai tempi che essa impone. I tempi del Popolo delle libertà finiscono sempre per coincidere quelli delle inchieste giudiziarie a cui è sottoposto Berlusconi, il quale si illude di poter andare a votare a giugno, perché non glielo permetteranno.
Un altro Alfano
A questo punto, riportiamo indietro la moviola della cronaca a quel tragico 7 dicembre. E proviamo a delineare un’altra storia. Angelino Alfano si alza in Aula, esprime la protesta del suo gruppo per le dichiarazioni rilasciate da Corrado Passera contro il rientro del Cavaliere e pretende le scuse da parte del governo. Le ottiene (del resto vibranti proteste erano state fatte il giorno prima in ambedue le Camere). Il governo va avanti, facendo approvare talune importanti riforme in cantiere. Il Parlamento arriva alla scadenza naturale, proprio in questi giorni. In campagna elettorale Pd e Pdl difendono l’esperienza compiuta, ne riconoscono i meriti e ne ammettono gli errori e i limiti, impegnandosi a correggerli (facendo notare, tuttavia, le correzioni già intervenute ad opera del Parlamento sui principali provvedimenti dell’esecutivo dei tecnici). La campagna elettorale viene impostata sulla base di un contrasto comune del populismo, senza mettersi a rincorrerlo. Immaginiamo che, a quel punto, Mario Monti non abbia avvertito la necessità di scendere in campo, decidendo di rimanere in disparte come riserva della Repubblica. Ovviamente, rispettando i tempi normali, i partiti avrebbero potuto andare al voto con una diversa legge elettorale, più adeguata alle nuove esigenze del quadro politico.
Il pericoloso gioco allo sfascio
Che cosa ci sarebbe di tanto scandaloso in uno scenario come quello appena descritto? Si dirà che le “gole profonde” dei partiti – soprattutto del Pdl – non sopportavano più il governo Monti, che era diffusa una gran voglia di Piazzale Loreto. Ma quando in una fase tanto delicata, per meri e meschini calcoli elettorali, si preferisce parlare alla pancia anziché all’intelligenza della gente, si preferisce fomentare l’odio, l’invidia, anziché promuovere la razionalità e la responsabilità, si sa da dove si comincia, ma non dove si arriva. Se si decide di giocare a rimpiattino con la realtà, l’ultimo “fa tana” per tutti. E l’ultimo, nel nostro caso, è stato Beppe Grillo. A proposito: avete letto le dichiarazioni di Marine Le Pen? Vi siete accorti che le camarade Francois Hollande ha affermato che l’Italia è divenuta il laboratorio del populismo? Facciamoci pur sempre riconoscere.