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Boston, il terrorismo e il problema della sicurezza anche in Italia

Boston: strage di persone inermi; torna la paura del terrorismo. E’ un problema d’Oltreoceano oppure anche da noi si corre il rischio che qualche cosa di grave possa succedere? Siamo proprio convinti che gli anni di piombo siano un’esperienza irripetibile e che i suoi protagonisti siano stati sconfitti per sempre? Io non ne sono persuaso.

I rischi per il nostro Paese

Nel Paese la tensione sociale innescata dalla crisi e dalla mancanza di prospettive è alimentata da una campagna forsennata d’odio, che viene amplificata da media irresponsabili. Quando tutti i guai del Paese vengono scaricati su di un gruppo di persone che per il loro ruolo sono state identificate nella cosiddetta Casta può essere forte la tentazione di passare alla fase della giustizia sommaria.

Il rapporto dei Servizi

Del resto, che i pericoli esistano viene segnalato anche da un documento ufficiale: la Relazione sulla politica dell’informazione per la sicurezza per il 2012, a cura del Sistema di informazione per la sicurezza della Repubblica; in parole povere i Servizi.

Il terrorismo brigatista

L’ho letta con attenzione e vi ho trovato parecchie valutazioni preoccupate ed inquietanti, su diversi aspetti. Cominciamo dal terrorismo brigatista: “In particolare – è scritto – la produzione ideologica di matrice brigatista, specie quella proveniente dal settore carcerario, ha ripetutamente sollecitato l’uditorio di riferimento a un più incisivo attivismo per incanalare le diffuse istanze di protesta in una prospettiva ‘rivoluzionaria’ diretta all’ ‘abbattimento dell’ordine esistente’”. Di seguito, la lettura si fa ancora più interessante: “Pur sulla base di differenti impostazioni ideologiche e strategie di intervento, si è rivelata la comune determinazione ad avviare percorsi generali di lotta, focalizzati sui principi cardine del rifiuto del debito e della difesa dei beni comuni, ritenuti in grado di intercettare ad ampio raggio il consenso popolare. In prospettiva tuttavia – prosegue il testo – potrebbero intensificarsi i tentativi di strumentalizzazione da parte dell’estremismo antagonista che, sostenendo ad ampio raggio le rivendicazioni dei comitati, mira a conferire anche alla questione dei rifiuti un rilevo politico generale, sulla falsariga di quanto prospettato per la mobilitazione contro l’Alta Velocità”.

I rischi incombenti in Italia

Nel quadro descritto “si prospetta il rischio di una intensificazione delle contestazioni nei confronti di esponenti del governo e personalità di rilievo istituzionale, nonché rappresentanti di partiti politici e sindacati considerati non sufficientemente impegnati nella difesa dei bisogni emergenti”.

E’ pronto il partito armato?

Insomma, il clima, il contesto di odio ci sono tutti a far da brodo di coltura del terrorismo. E il ‘partito armato’ è pronto? Queste domande, nel loro insieme, mi sono tornate in mente nei giorni scorsi, quando, nel cuore della Lombardia, fra Saronno e Turate, sull’autostrada che da Milano porta a Como, di lì a Chiasso, un commando composto da una quindicina di banditi ha assaltato a raffiche di Kalashnikov un furgone portavalori assicurandosi un bottino stimato in dieci milioni di euro di cui uno in contanti e nove in lingotti d’oro di 12 Kg ciascuno. Il colpo ha avuto degli aspetti spettacolari e ha determinato grande confusione e paura bloccando il traffico per ore. Le cronache hanno raccontato, sulla base delle descrizioni dei vigilantes, che i rapinatori avevano dato prova di una preparazione e di una tecnica quasi militare.

Tornano le Br?

Queste parole hanno risvegliato nella mia memoria vicende lontane: le azioni delle Br ai tempi di quella che venne definita (dopo l’operazione di via Fani e il rapimento di Aldo Moro) una “geometrica potenza”. E mi è sorto un dubbio: chi sono i protagonisti dell’impresa di Saronno e di altre iniziative preparate con cura, eseguite con alta professionalità delinquenziale, magari sulla base di precise segnalazioni? Non saranno per caso azioni di autofinanziamento del terrorismo, in vista di una sua massiccia ripresa nel contesto della grave crisi e della confusione che regna in questo povero Paese? La storia si sta ripetendo? I manipoli del terrorismo rosso si occuparono a lungo della provvista di ‘risorse’ prima di passare all’azione diretta. La magistratura e le Forze dell’Ordine faranno sicuramente piena luce. Ma nessuna ipotesi può essere scartata.

Le regie occulte

Chi volesse proseguire nella lettura si imbatterebbe in un altro passaggio inquietante: “L’attività informativa ha confermato il perdurante interesse da parte di attori esteri nei confronti del comparto produttivo nazionale, specialmente delle Piccole e Medie Imprese (PMI), colpito dal prolungato stato di crisi che ha sensibilmente ridotto tanto lo spazio di accesso al credito quanto i margini di redditività”. Anche senza immaginare congiure internazionali ai danni del nostro Paese, è agevole notare che, da tempo, accadono fatti (vere e proprie campagne mediatiche disfattiste, singolari iniziative giudiziarie) e processi politici devastanti, che lasciano il dubbio sull’esistenza di regie occulte. La Relazione, tuttavia, è molto chiara. “Le evidenze raccolte – è scritto – hanno posto all’attenzione quelle strategie di investimento estero che, finalizzate al controllo di talune imprese nazionali attive nel settore manifatturiero, si sono tradotte nell’acquisizione di marchi e brevetti, nell’accaparramento di quote di mercato e, in un’ottica di contrazione dei costi, nella delocalizzazione dei siti produttivi ovvero nel trasferimento oltreconfine dei centri decisionali. E’ stata confermata – continua il testo – nel corso dell’anno, la persistente politica di penetrazione specie nel campo energetico, favorita dalla sussistenza di vulnerabilità sistemiche sul versante degli approvvigionamenti energetici. E’ andato consolidandosi, inoltre, l’interesse straniero nel settore delle energie rinnovabili, della logistica aeroportuale, del turismo, dell’agroalimentare, dell’innovazione tecnologica e del tessile. Secondo le indicazioni raccolte, la presenza asiatica – prosegue il documento – si sta ulteriormente sviluppando in settori emergenti, come il fotovoltaico e di rilevo strategico, quali le telecomunicazioni e le infrastrutture logistiche, mentre i Paesi del Golfo Persico appaiono interessati ad aziende nazionali operanti principalmente nei campi del turismo, dell’immobiliare e del lusso”.

Quanto all’andamento degli investimenti e dei flussi finanziari da parte dei Fondi sovrani esteri “rimangono attuali le preoccupazioni circa il reale utilizzo di tali veicoli finanziari da parte di taluni Governi di riferimento, la cui strategia appare dettata da finalità politico-egemoniche o di influenza, piuttosto che da priorità di ordine economico in senso stretto”. Non risulta che di tali problematiche l’opinione pubblica – abituata dai media ad occuparsi del prezzo del caffè alla buvette di Montecitorio o di esodati – sia adeguatamente consapevole.



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