Nei giorni travagliati e folli che ci separano dalle elezioni politiche ho avuto più volte l’impressione di essere tornato indietro di cinquant’anni e di rivivere adesso una fase politica molto somigliante a quella di allora.
Quando la politica era popolata da giganti e non dai Civati
Ovviamente la storia non si ripete. Quanto meno nei medesimi termini. Mezzo secolo fa la politica italiana, messa confronto con quella di oggi, era popolata di giganti. Anche allora – forse più di oggi – c’erano dei giovani, i quali, quando non sapevano stare al loro posto, qualcuno glielo faceva capire subito e soprattutto le loro gesta temerarie non rimbalzavano come palle sui giornali e sulle tv, alla stregua dei vari Civati, Orfini, Fassina, Serracchiani e Renzi di oggi (personalità complesse nei cui curricula si annoverano collezioni di medaglie dei bronzo ottenute nei campionati di calcetto organizzati negli oratori o coppe di gare a biliardo promosse dai tanti Bar Sport disseminati lungo la Penisola).
Ritorniamo per un attimo agli anni Cinquanta
Ma è ora di snodare il filo del ragionamento. Fine anni ’50: l’Italia attraversava una fase di boom economico (è una differenza profonda con la situazione di oggi); l’alleanza centrista (dopo la sconfitta elettorale del 1953 sulla cosiddetta legge truffa (che poi era cento volte migliore del Porcellum, perché non regalava – lo ha fatto notare anche Giorgio Napolitano – un premio di maggioranza tanto sproporzionato rispetto ai voti veri, da divenire ingestibile) si era logorata; il Psi aveva compiuto faticosamente i primi passi di autonomia dal Pci; l’apertura a sinistra verso i socialisti era il tema che da anni interessava il dibattito della Dc.
L’esperienza del governo Tambroni
Il nodo fu sciolto da Aldo Moro al Congresso di Napoli del 1959, ma i contrasti non furono superati, anche perché nel Partito socialista vi era, simmetricamente, la medesima ostilità nei confronti di un’alleanza con il partito della Democrazia cristiana a cui si rivolgevano più o meno le stesse accuse e critiche che da vent’anni a questa parte si addossano al Cavaliere e alle sue formazioni politiche. Per la sinistra è sempre stato così: gli avversari politici non possono non essere anche dei criminali, tra i peggiori, proprio perché, tautologicamente, solo un criminale può essere un avversario politico. Nel 1960, messa ormai alle strette, piuttosto che svoltare a sinistra la Dc preferì correre l’avventura del governo Tambroni, appoggiato in modo determinante dal Msi: il che, nella Prima Repubblica, era di per sé un’anomalia, una sorta di attentato alla Costituzione materiale cui sorsero proteste e agitazioni delle forze di sinistra, con morti a Reggio Emilia e in Sicilia, in occasione degli scontri con le Forze dell’Ordine. A Roma restò famosa, a Porta S.Paolo, una carica dei carabinieri a cavallo sotto il comando di Raimondo D’Inzeo, fino a quel momento noto, insieme al fratello Raffaele, soltanto per i successi nelle gare ippiche. Il governo cadde sotto il colpi della protesta popolare; venne costituito un esecutivo presieduto da Amintore Fanfani con l’astensione del Psi di Pietro Nenni.
Verso il centrosinistra
Era un prodromo della svolta. Per arrivare, però, ad un governo di centro sinistra organico (presieduto da Aldo Moro) dovettero passare ancora degli anni. Dentro il Psi vi fu un capovolgimento di maggioranza nel senso che una parte degli autonomisti guidati da Riccardo Lombardi (una personalità negativa come uno sciame di fameliche cavallette su di un campo di grano, benché esercitasse un grande fascino soprattutto sui giovani, compreso chi scrive) si alleò con la sinistra del partito per bocciare il programma negoziato da Nenni con la Dc (per come era formulata la riforma urbanistica). Poi, dopo un congresso di ricomposizione, all’inizio del 1964 i socialisti entrarono al governo, mentre la corrente di sinistra – che si era fidata di Lombardi – uscì dal partito e fondò il Psiup.
I parallelismi di ieri e oggi (malumori nel Pd)
Il problema stava tutto lì: non si poteva fare un’alleanza con la Dc. Sono gli stessi ragionamenti che oggi appartengono ad una fetta importante del Pd, allevata, educata, aizzata all’odio contro Berlusconi. Negli ultimi giorni ne abbiamo viste delle belle. Chi scrive, ad esempio, non riesce a capacitarsi (anche per aver a lungo conosciuto e frequentato il vecchio Pci) del perché Massimo D’Alema sia diventato una sorta di simbolo negativo per la base democrat, di matrice ex pci.
Il caso Maximo e i franchi tiratori tollerati o bistrattati
Eppure il lìder Maximo, in novant’anni di storia dei comunisti, compresi quelli sotto falsa identità, è stato l’unico ad entrare a Palazzo Chigi da premier. E che dire dei “franchi tiratori”? Quelli che hanno bocciato Prodi sono ritenuti dei traditori, mentre quelli che non hanno votato Marini sembrano degli eroi.
Quell’insana passione di Bersani per Grillo
Poi, come concepire un’insana passione per Grillo e il M5S? I dati delle ‘’Quirinarie’’ coprono di ridicolo quegli sventurati teppisti che il 20 aprile hanno girato per le vie del centro a Roma inneggiando a Stefano Rodotà, come se i 4.700 voti da lui ottenuti in quella consultazione-farsa fossero più “democratici” dell’espressione, a larga maggioranza, di un Parlamento eletto da decine di milioni di cittadini. Per spiegare, alla fine, il perché di questo articolo, se volete un po’ paradossale, basta applicare alla politica il metodo dell’equazione: Tambroni sta alla Dc del 1960 come Bersani sta al Pd del 2013. Ambedue erano disposti a governare con i voti dei fascisti dei loro tempi. Tambroni ci riuscì, ma ne venne travolto, tanto da morirne pochi anni dopo. Bersani è stato fortunato, nel senso che le circostanze gli hanno impedito il disonore di un’alleanza con i “grillini” in nome di un cambiamento che aveva lo sgradevole sapore dell’olio di ricino, il simbolo della gogna e il lasciapassare dell’imbecillità. Sarà Enrico Letta il leader che avvia la sola soluzione possibile per governare questo Paese? Quella di archiviare un bipolarismo beota e affidarsi ad una vera alleanza di centro sinistra, tra il Pdl e il Pd. Dc e Psi hanno governato l’Italia per trent’anni, anche se erano partiti politicamente avversari. Credo che, con i tempi che corrono, nessuno osi denigrare quegli anni. Nonostante tutto.