Skip to main content

La solitudine di Enrico Letta nel Pd

Non è tanto una parte della nomenklatura del Pd che si dissocia dal tentativo di Enrico Letta di formare un nuovo governo, ma quella che una volta veniva chiamata la “base” del partito. E contro di essa è difficile predisporre argini che possano contenerne l’indignazione e la rabbia. Non capiscono, e a ragione, perché le giravolte dei democrat sono state tante e tali negli ultimi due mesi da confondere il popolo dei militanti, fino ad annichilirlo politicamente. Niente di più facile che la loro reazione esploderà al momento della presentazione alla Camere del nuovo esecutivo. Del resto se i maggiorenti hanno presentato per anni l’immagine di un Caimano da abbattere e poi, improvvisamente, ci si alleano pur continuando a ritenerlo il “nemico principale”, come si può dare torto a chi avversa la soluzione prospettata da Napolitano, accolta come il male minore dai partiti che non hanno vinto le elezioni e devono dunque acconciarsi a stare insieme per il bene del Paese? Un “bene”, comunque, tutto da dimostrare che realizzarsi in un contesto sociale e politico che definire deteriorato è eufemistico. 

E’ pacifico che la Rete e i social network non contribuiscono a costruire una coscienza politica e civile collettiva, ma soltanto a mobilitare masse di cittadini, come hanno ampiamente dimostrato le cosiddette “primavere arabe”. Sarebbe tuttavia imprudente sottovalutare quello che sta avvenendo nell’ambito dei movimenti giovanili legati a vario titolo al Pd. Se “OccupyPd” ha provocato preoccupazioni e turbamenti nella classe dirigente del partito, le numerose componenti più o meno spontanee che stanno nascendo a ridosso dell’esperimento Letta non possono non allarmare il partito. Sono giovani che non ammettono giustificazioni al nascente compromesso e promettono opposizione radicale, fino ad abbandonare il Pd.

Un tempo il problema non si sarebbe posto perché i partiti con i loro leader erano capaci di indirizzare e guidare le masse le quali, ovviamente, potevano discutere le decisioni assunte, ma non avversarle al punto di minacciare abbandoni o plateali manifestazioni di dissenso tali da delegittimare gli orientamenti delle gerarchie. Questa deprecabile e preoccupante situazione si è venuta a creare perché il Pd, non diversamente dalle altre forze politiche, ha vissuto di autoreferenzialità in questi anni. Chiuso nel Palazzo ed assorbito nel governare correnti riottose ad accettare la “disciplina di partito”, non ha capito che cosa stava succedendo “fuori”, tra i giovani soprattutto, molti dei quali disoccupati, disagiati, precari, ai quali avrebbe dovuto connettersi fornendo idee, progetti ed orientamenti, piuttosto che concentrarsi pressoché esclusivamente sull’antiberlusconismo funzionale a mantenere in vita un pericolante consenso che, tra l’altro, gli ha impedito di costruire ma non a costruire il “partito nuovo” per come veniva auspicato all’atto della fondazione.

Letta, a prescindere dalla riuscita della sua impresa, è sostanzialmente solo. Sostenuto in parte e tra mille distinguo da buona parte del vertice, ma abbandonato dal partito sensibile al mondo della “rete” che lo ha soggiogato, non sappiamo se si renda conto che la sua navigazione, per bene che vada, sarà difficile e rischiosa. Come può, in assenza di un corale sostegno del Pd nella sua interezza, portare a compimento un programma ambizioso quanto gravoso?

Sui giornali e sul web leggiamo profonde analisi sul ruolo dei giovani democratici che dovrebbero influire sul Pd nel modo di affrontare i problemi del mondo del lavoro e le problematiche connesse non alla mancata crescita, ma alla decrescita necessaria che non vuol dire negazione dello sviluppo, secondo la lezione di Latouche, che proponga investimenti nel campo dell’istruzione, della ricerca, della cultura e, dunque, abbandoni l’austerity funzionale alle logiche ”predatorie” di Bruxelles e Francoforte. Letta ed il suo ministero saranno capaci di interpretare questo movimento le cui ragioni sono tutt’altro che infondate e potrebbero legarsi con quelle di militanti del centrodestra per ora silenti a fronte di una partita che il Pdl sta giocando con netto vantaggio sull’avversario, tenendo sopite perplessità e timori che non tarderanno a manifestarsi?
Si percepisce, paradosssalmente, con l’avvicinarsi della soluzione della crisi di governo che la “bolla” a sinistra prima o poi esploderà. E con essa il sistema. Nessuno può sentirsi al riparo.

 


×

Iscriviti alla newsletter