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I segreti del dissidio fra Merkel e Weidmann su Draghi

Nelle ultime ore si è aperta una nuova frattura tra la Bundesbank, la banca centrale tedesca, e il Bundesregierung, il governo federale. Di mezzo, come al solito, c’è la Bce e la sua politica monetaria.

Nel suo discorso, tenuto ieri a Dresda, in occasione del ventiquattresimo congresso dell’associazione delle casse di risparmio (Sparkassentag), la signora Merkel si è lasciata andare a un inusitato commento sulle difficili scelte dinanzi alle quali si trova l’Eurotower. Buona parte della stampa ha sottolineato solo un passaggio del discorso, laddove la Cancelliera fa riferimento alla difficoltà di fissare un tasso di interesse che vada bene per economie anche molto differenti tra loro. A questo proposito, ha sostenuto Angela Merkel, la Germania avrebbe probabilmente bisogno di tassi più elevati.

Tutti gli osservatori si sono concentrati su questa parte della frase, interpretandola come un’implicita richiesta a Mario Draghi a non abbassare ulteriormente il tasso di interesse. Ma la frase in questione, in realtà, prosegue cosi: “La Bce dovrebbe però in realtà fare molto di più per garantire che agli altri Paesi sia messa a disposizione una maggiore liquidità. E bisogna soprattutto fare attenzione che questa liquidità arrivi alle imprese per i loro finanziamenti. Se guardiamo al Portogallo, all’Italia, persino all’Alto Adige o ad altre zone dotate di notevole forza economica, il credito alle imprese è due o tre volte più caro rispetto alla Germania e ciò ovviamente frustra di molto gli sforzi riformatori in tali paesi, dal momento che il finanziamento di nuovi investimenti per le imprese diventa impossibile. Ciò significa che bisogna riportare i tassi di interessi per i titoli di Stati a livelli più bassi cosicché anche i tassi per il credito alle imprese possano scendere». Non esattamente una strizzatina d’occhio agli euroscettici, come qualcuno, sulle prime, l’aveva interpretata.

Molto diversa, invece, la posizione di Jens Weidmann, che, sul punto, è già intervenuto in diverse occasioni nel recente passato. In una memoria di ventinove pagine e depositata ieri al Tribunale costituzionale di Karlsruhe nell’ambito del procedimento di merito contro l’ESM e il Fiscal Compact, la Bundesbank ha frontalmente attaccato la Bce sulla legittimità dell’Omt, il programma di acquisti illimitati di titoli di Stato. Tra le ragioni addotte da Draghi per difendere gli acquisti si ritrova, ad esempio, l’intollerabilità di differenze eccessive tra tassi di interesse, dal momento che tali differenze avrebbero un impatto molto negativo sul rifinanziamento delle imprese. Nella memoria, Weidmann sostiene precisamente il contrario, ossia che gli acquisti non debbono essere autorizzati in ragione del fatto che «costi di rifinanziamento più elevati per il settore privato possono riflettere i rischi finanziari nazionali. Questa situazione non sarebbe quindi affatto da combattere attraverso strumenti di politica monetaria, ma sarebbe la conseguenza diretta della politica fiscale di cui è responsabile ciascuno Stato membro».

Se la signora Merkel pare insomma essere rimasta isolata in Europa nel chiedere che si continui sul cammino dell’austerità prima di arrivare ad un’Europa pienamente federale, Jens Weidmann è rimasto isolato in Germania, dove pure il governo federale mostra di continuo segni di apertura, sia a politiche monetarie più rilassate, sia ad un attenuamento della stretta del rigore. Per l’esecutivo tedesco conta, infatti, che i Paesi in difficoltà introiettino davvero una genuina cultura della stabilità (Stabilitätskultur), non tanto e non solo il rispetto dei saldi finanziari.


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