Radicamento e identità. Comincia da qui il nuovo Partito Democratico di Fabrizio Barca, nei concetti espressi nella sua memoria politica dal titolo: “Un partito nuovo per un buon governo”.
Realizzato a seguito di un’esperienza di 16 mesi nell’esecutivo tecnico di Mario Monti, quello di Barca è già stato definito un “manifesto” programmatico.
In un corposo testo di oltre 50 pagine, tocca svariati aspetti della vita pubblica e politica, spiegando perché oggi l’Italia ha bisogno di un nuovo soggetto di sinistra “ancorato alla Costituzione”, che sappia interpretare i tempi che viviamo e i numerosi cambiamenti nella società italiana, a cominciare dalla necessità di “ripensare” il finanziamento pubblico ai partiti.
“Certo, se perseguito – aggiunge l’ex ministro – questo progetto è destinato ad avere molti nemici, essendo tutto rivolto a fare saltare posizioni di rendita a lungo costituite e difese con caparbietà. Ma quale progetto vero ne è privo?”
UN NUOVO PARTITO (NON LIQUIDO) PER UN NUOVO STATO
Barca individua in quelli che definisce “una macchina dello Stato arcaica e autoreferenziale” e nei “partiti Stato-centrici” l’aggravante peculiare della crisi italiana.
“La lontananza dei partiti dalla società – si legge nel documento – la loro estrema debolezza nell’interpretare bisogni e soprattutto nel portare le ipotesi elaborate o le soluzioni praticate nei diversi luoghi del paese, l’ho personalmente avvertita con nitidezza nei mesi di governo come ministro”.
Ma quello che ha in mente “non sarà un partito liquido”, ha ammonito nei giorni scorsi l’ex responsabile della Coesione territoriale, lasciando intendere immediatamente la propria diversità “politico-antropologica” dal suo naturale antagonista per la leadership, Matteo Renzi, anche se alla situazione attuale – dice Barca “hanno contribuito le regole del finanziamento pubblico e la deriva culturale del paese”.
QUALE GOVERNO PER LA COSA PUBBLICA?
A fronte della sua esperienza di amministratore e delle realtà osservate altrove, Barca indica il modello sul quale si dovrebbe basare il governo dello Stato, lanciando qualche stoccata al modello del governo tecnico di “ispirazione montiana” di cui pure ha fatto parte. “Suggerisco – ritiene che il metodo debba essere quello dello “sperimentalismo democratico”. Esso supera l’errore che la soluzione “minimalista” – o liberista, magna pars della crisi internazionale che viviamo – condivide con molte applicazioni concrete della soluzione “socialdemocratica”, ossia l’ipotesi che alcuni, pochi individui, gli esperti, i tecnocrati, dispongano della conoscenza per prendere le decisioni necessarie al pubblico interesse, indipendentemente dai contesti”.
LONTANO DAL GRILLISMO
Pur senza mai nominarli, nel suo documento Barca boccia senza mezzi termini Beppe Grillo e l’uso della tecnologia e di internet fatto dal Movimento 5 stelle.
Lo sperimentalismo democratico – approfondisce l’ex ministro nella sua memoria – risolve il “nuovo errore della nostra epoca, quello di pensare che la “folla” possa esprimere quelle decisioni in modo spontaneo, attraverso la Rete.
In presenza di incertezza elevata, tecnologia mutevole, istruzione di massa e preferenze degli individui assai differenziate e influenzate dai contesti, per Barca “la macchina pubblica deve piuttosto costruire un processo che promuova in ogni luogo il confronto acceso e aperto fra le conoscenze parziali detenute da una moltitudine di individui, favorisca l’innovazione e consenta decisioni sottoposte a una continua verifica degli esiti, sfruttando le potenzialità nuove della Rete e dando continuamente forma alle preferenze e alle scelte nazionali”.
LE QUESTIONI APERTE
Gettate le basi ideologiche del nuovo soggetto politico, Barca s’interroga anche su quelli che saranno i passi da compiere per giungere all’obiettivo.
Tante le questioni aperte, che l’ex ministro condensa in una serie di interrogativi su quale debba essere la modalità per trasferire le soluzioni ai problemi scaturite da dibattiti pubblici e politici ai livelli di governo, il rapporto tra iscritti ed eletti e la scrittura di un nuovo codice deontologico che risolva molte delle storture che minano l’autorevolezza di una leadership.
Il modello non sembra prescindere in ogni caso da un coinvolgimento della “base”, nelle intenzioni di Barca composta in egual misura da ogni stagione d’età, giovani compresi.
Spazio anche ai circoli territoriali, visti non più come oggetti a sé, ma come parte integrante di un sistema più ampio.
Di sicuro impatto un passaggio che farà discutere, quello in cui Barca solleva la necessità di regole per assicurare l’incompatibilità assoluta fra funzionariato nel partito e candidatura nelle assemblee elettive o in organi esecutivi.
BANDO AL NUOVISMO?
L’ex ministro non ha però una ricetta per il “tasso” di rinnovamento che dovrebbe avere il nuovo partito, ma che pensa si debba valutare caso per caso, territorio per territorio, senza imporre il cambiamento a tutti i costi.
In relazione alle risposte date ai numerosi interrogativi posti, per Barca “è necessario valutare se il rinnovamento, una volta individuato e condiviso il punto di arrivo desiderato, debba essere perseguito con una “doccia fredda”, ossia attraverso , un radicale, simultaneo rinnovamento di tutte le strutture territoriali e centrali, rinnovamento delle persone e del loro modo di agire, ovvero attraverso un cambiamento graduale che muova dalle 100-300 “unità territoriali”, dai circoli, dove esistono leader forti, capaci di costruire prototipi di cambiamento, o dove il cambiamento e già in moto, ovvero con un mix di queste due modalità“.
UN NUOVO FINANZIAMENTO PUBBLICO
Contrariamente a Renzi (e a Berlusconi e Grillo), Barca non intende cancellare il finanziamento pubblico ai partiti, ma chiede che si riduca “quello automatico legato al numero dei voti ricevuti” e che “si dia preminenza al finanziamento volontario degli iscritti e dei simpatizzanti e si regolino le contribuzioni private”.