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Perché la legge Salva Ilva non dimentica il diritto alla salute

La sentenza con cui la Consulta ha riconosciuto la costituzionalità della legge 231 del 24 dicembre dello scorso anno – che, convertendo il precedente decreto, consentiva l’esercizio dell’area a caldo dell’Ilva, la commercializzazione di suoi prodotti posti sotto sequestro giudiziario alcune settimane prima, ed imponeva all’azienda l’applicazione della nuova Aia – deve essere accolta con serenità da tutte le parti in causa, senza contrapposti trionfalismi o polemiche, e nel pieno rispetto delle motivazioni che si conosceranno interamente quando sarà depositata la sentenza.

La difesa della salute

E’ opportuno sottolineare con chiarezza che il suo contenuto non deve in alcun modo essere contrapposto alle istanze espresse dalla manifestazione popolare di domenica scorsa che ha chiesto con forza l’abbattimento dell’inquinamento in città e la difesa della salute dei suoi cittadini. La legge 231 – è bene ribadirlo ancora una volta – muoveva proprio dall’accoglimento di tali istanze, coniugandole con la difesa del lavoro delle migliaia di dipendenti del Siderurgico ed imponendovi l’applicazione delle più stringenti prescrizioni della nuova Aia secondo le direttive dell’Unione Europea che, però, negli altri Paesi entreranno in vigore solo dal 2016.

La nomina del Garante

La legge ha anche stabilito la nomina di un Garante per l’applicazione della Autorizzazione integrata ambientale – scelto dal Governo nella persona di un ex Procuratore generale della Corte di Cassazione – e controlli da parte dell’Ispra e di altri Enti a ciò preposti. Pertanto, prima il Capo dello Stato firmando il decreto legge del Governo, e poi il Parlamento convertendolo a larghissima maggioranza, non erano stati certo insensibili alle istanze della Magistratura e della popolazione tarantina.

Chi dovrà attuare l’Aia

Allora da oggi, con più serenità ma anche con più determinazione, tutti – per quanto di rispettiva competenza – dovranno contribuire alla piena attuazione dell’Aia nei tempi stabiliti dalla 231: l’azienda in primo luogo, come peraltro ha già iniziato a fare, con un massiccio piano di investimenti da 2,2 miliardi di euro – il maggiore nelle regioni del Sud dopo quelli della Fiat a Melfi e dell’Enel nella sua centrale di Brindisi realizzati ai primi degli anni ’90 del secolo scorso – e poi tutte le Autorità addette alla vigilanza sui tempi e le modalità di esecuzione delle nuove norme per l’ammodernamento e l’ecosostenibilità degli impianti.

Su cosa dovrà lavorare Bondi

E in tale direzione una durissima sfida, finanziaria e manageriale, attende nella società Ilva, insieme alla famiglia Riva, anche il nuovo amministratore delegato Enrico Bondi che peraltro, com’è noto, già in passato ha saputo affrontare e vincere partite di grande rilievo in settori strategici dell’industria italiana, dalla Montedison alla Parmalat. La meccanica italiana ha bisogno di un’Ilva forte e competitiva, nel mentre la città di Taranto esige che il Siderurgico produca tutelando sempre di più salute, lavoro e ambiente.

Federico Pirro 

(Centro Studi Confindustria Puglia)



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