L’ingresso di General electric in Avio, definito lo scorso 21 dicembre, ha rappresentato uno dei più importanti avvenimenti nella storia dell’industria aerospaziale italiana di questo dopoguerra. È, innanzitutto, il più importante investimento fatto da un gruppo estero nel nostro Paese e questo conferma che, comunque, nonostante una lunga crisi economica e finanziaria (oltre che politica), il sistema-Italia è ritenuto solido. Ha comportato un investimento rilevante in un grande
gruppo italiano e questo presuppone una valutazione fortemente positiva sulla sua efficienza e competitività. Avviene in un momento in cui il mercato europeo della difesa si sta progressivamente integrando e questa acquisizione comporta un rafforzamento della collaborazione transatlantica. È il primo caso di applicazione della nuova normativa italiana sul controllo degli investimenti in attività strategiche e dimostra che una corretta regolamentazione del mercato non spaventa gli investimenti e, anzi, forse, offrendo certezze e trasparenza, li rende più possibili.
Avio opera nel campo della propulsione aerospaziale, dove si è specializzata nello sviluppare e produrre alcune importanti parti meccaniche. È, inoltre, l’integratore italiano dei motori dei velivoli militari nati dai programmi di collaborazione internazionale, prima il Tornado con l’RB199 e oggi l’Eurofighter con l’EJ200. Avio ha ricavi per oltre due miliardi di euro e opera in quattro continenti con 5200 dipendenti, di cui 4500 in Italia, ma il 90% del suo fatturato proviene dall’estero. Ha una gloriosa storia alle spalle che parte dalla sua costituzione nel 1908 all’interno della Fiat da cui è stata ceduta esattamente dieci anni fa. Da allora Avio ha subito tre cambi di proprietà: prima un Fondo americano, Carlyle, insieme a Finmeccanica, poi un Fondo inglese, Cinven, sempre insieme a Finmeccanica con una quota però dimezzata, adesso un gruppo industriale, General electric. La lunga esperienza di collaborazione con General electric ha favorito sicuramente il suo ingresso. Va da sé che la forza e i risultati finanziari di GE le hanno permesso di prevedere un investimento più competitivo rispetto agli altri concorrenti.
Ma è importante sottolineare che alla base dell’operazione ci sono prioritariamente e soprattutto ragioni industriali e la convinzione americana di poter fare un buon investimento. Ma il caso Avio ha rappresentato anche, come si è detto, un banco di prova per la nuova normativa italiana, la cosiddetta golden power che ha sostituito dal marzo 2012 la golden share modificandone la logica ed estendendola a tutti gli investimenti in attività strategiche. La proposta di GE è stata, infatti, accompagnata da un dialogo col governo e le amministrazioni interessate volto a fornire le necessarie garanzie che Avio resterà e si svilupperà come impresa a base italiana, pur nel contesto di un grande gruppo internazionalizzato come GE.
Pur nelle more dell’incompleta messa a punto di tutto il sistema di controllo degli investimenti (manca ancora, a distanza di un anno, il Regolamento che deve essere preparato dal ministero dell’Economia), si è così ottenuto un formale impegno preliminare di GE a rispettare le prescrizioni fissate dalle autorità italiane per quanto attiene il mantenimento e lo sviluppo delle capacità industriali e tecnologiche, la sicurezza degli approvvigionamenti per le forniture alle Forze armate e di sicurezza, la tutela della sicurezza delle informazioni, il rispetto del controllo sui trasferimenti tecnologici e sulle esportazioni militari, la preventiva informazione su eventuali processi di ristrutturazione. Tutto questo ha consentito, per la prima volta in Italia, di uscire dalla logica del sì o no nei confronti di investitori esteri per entrare in quella, molto più efficace, del dettare le condizioni a tutela degli interessi nazionali, pur accettando e, si spera, favorendo una maggiore internazionalizzazione della nostra struttura industriale.
Un aspetto di grande interesse della nuova normativa e delle sue implicazioni è l’identificazione del suo campo di applicazione con l’elencazione delle “attività strategiche”, fra cui quelle svolte da Avio. L’averlo riconosciuto non può, però, limitarsi a considerare l’assetto proprietario. La “strategicità” deve riflettersi in azioni conseguenti per quanto riguarda il sostegno dell’innovazione di prodotto e di processo, della partecipazione ai programmi internazionali (vecchi e nuovi, fra cui, di particolare importanza, quello del motore F-135 del JSF, soprattutto per quanto riguarda il lungo ciclo della manutenzione e supporto logistico), il supporto alle esportazioni. In un mercato globalizzato sono questi i veri fattori che garantiscono il mantenimento delle capacità tecnologiche e industriali sul territorio nazionale perché nessun vincolo giuridico può imporre ad un azionista di continuare ad investire.
Avio è, però, diventata anche un player nel settore dei lanciatori spaziali. Oltre a partecipare alla costruzione di Ariane 5 e del successore, Avio ha realizzato il progetto italiano per il piccolo lanciatore Vega, il cui primo lancio è stato effettuato con successo nel febbraio 2012, mentre un secondo dovrebbe avvenire in aprile. Con una tecnologia innovativa, che probabilmente sarà alla base anche dei futuri grandi lanciatori, si è sviluppata una nuova capacità industriale e tecnologica che non rientra, però, nel campo delle attività di GE. Dovrà, quindi, essere cercata una diversa collocazione industriale. La stessa Finmeccanica potrebbe essere interessata ad acquisire questo asset rilevando la quota ancora controllata dal Fondo inglese Cinven.
Le scelte del governo risulteranno fondamentali per continuare a far crescere e maturare il lanciatore Vega e garantire che, indipendentemente dal futuro assetto proprietario, vengano mantenute in Italia le capacità tecnologiche che con tanta fatica ed impegno sono cresciute in questi anni. Ancora una volta si conferma che in un mercato sempre più globalizzato è sempre più vero che come nella “leggenda” africana, si può essere leoni o gazzelle, ma l’importante per sopravvivere è continuare a correre.
Michele Nones
Direttore area sicurezza e difesa dell’Istituto affari internazionali
(articolo tratto dall’ultimo numero della rivista Formiche)