Romano Prodi ha avuto una carriera lunga e costellata da numerosi successi. Docente universitario, era molto legato a Beniamino Andreatta, è stato presidente dell’Iri, ha due volte varcato la soglia di Palazzo Chigi, ha guidato la Commissione Europea, ha ricevuto dal presidente dell’Onu l’incarico di inviato speciale in una delle aree più delicate dal punto di vista geopolitico (Saleh). Tutto questo, il professore lo ha fatto senza mai rinunciare ad una sua grande passione sportiva: il ciclismo.
In bicicletta Prodi ha imparato a dosare le energie e a pedalare con ritmo e costanza, riuscendo anche in salite particolarmente ripide. In queste ore il nome tutelare del fu Ulivo deve forse affrontare la strada più impervia, quella per il Quirinale. La preparazione atletica, se così si può dire, non gli è mancata. In questa sfida, la gara è dura e non si risparmiano colpi bassi. Pur con l’aria dell’eterno sornione, Prodi i campionati del potere li frequenta da lungo tempo e ne conosce le regole. In questa particolare battaglia il terreno è però particolarmente accidentato. La gestione politica di Bersani e del Pd è stata poco brillante e lo stesso Beppe Grillo ha saputo rivelarsi un giocatore più abile e meno sprovveduto di quanto taluni potevano sperare.
È sul filo, Prodi. Pochi voti lo separano al traguardo. Potrebbe farcela con uno sprint finale oppure prendere atto che le divisioni fra i partiti e nei partiti non glielo consentono. Se così fosse, andrà avanti o, come ha dovuto fare Marini, si ritirerà? Difficile prevederlo. Il professore ciclista, per ora e non da ora, pedala. Chi lo ha sottovalutato in questi anni ha imparato a considerare meglio le qualità di Prodi, e anche la sua fortuna.