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Le Quirinarie? Per favore, non chiamatele votazioni

Le Quirinarie? Un esperimento interessante, ma per favore non chiamatele votazioni”.
È tranchant il giudizio di Stefano Zanero, esperto di sicurezza informatica e ricercatore di ruolo presso il Dipartimento di elettronica e informazione del Politecnico di Milano.

Beppe Grillo e Gianroberto Casaleggio capiscono poco di tecnologia. Il problema è terminologico”, spiega in una conversazione con Formiche.net. “Nel caso delle Quirinarie non c’è un corpo elettorale, ma solo una serie di persone iscritte a un blog che decidono di esprimere il proprio gradimento per un nome. Sarebbe più corretto chiamarlo “sondaggio”. Iniziativa lodevole, per carità, ma lontana da una vera elezione”.

LA RETE? TUTT’ALTRO CHE INSICURA
L’analisi di Zanero si sposta poi sul presunto attacco informatico che ha costretto Grillo a sospendere le consultazioni per la scelta del candidato dei 5 stelle alla presidenza della Repubblica.

Il ricercatore del Politecnico di Milano smentisce chi – come lo scrittore e giornalista del settimanale Oggi (Rcs), Mauro Suttoraritiene la Rete troppo vulnerabile per iniziative così importanti.
Esistono già tecnologie e protocolli di adatti per effettuare una votazione in modo sicuro e segreto. Ci sono addirittura strumenti e attestazioni per verificare se un voto è stato conteggiato. In questo caso sarei propenso a dire che non è la Rete il problema, ma è l’uso del computer come mezzo di voto a rivelarsi poco adatto”.

IL PROBLEMA DEL CONTROLLO
Ad esempio – chiarisce Zanero – analizziamo il caso di una votazione classica. Si entra in una cabina e lì nessuno può controllare chi votiamo. Nel voto remoto, che sia telematico o su carta come nel caso del voto degli italiani all’estero, controllare che la votazione avvenga nella piena legalità è praticamente impossibile. Bisogna distinguere tra il voto elettronico in loco e quello da casa. In molti Stati americani si vota ormai elettronicamente, ma le postazioni sono allestite in seggi classici. Non è Internet a essere poco affidabile, semmai i problemi sono altri e hanno a che fare con aspetti ineliminabili nel voto a distanza”.

LE INCOGNITE (E I RISCHI) DELLA DEMOCRAZIA DIRETTA
La domanda principale da porsi, per Zanero, rimane una. “Non è ancora chiaro – dice – quali possano essere i vantaggi di un voto effettuato da casa. Ferma restando l’utilità e l’interesse dei sondaggi e di altri esperimenti di e-democracy, il voto è un appuntamento raro e importante, non un’azione quotidiana. Non avrebbe senso, con i problemi già illustrati, consentire che si esprima da casa per evitare di andare ai seggi ogni 3 o 4 anni. Certo, operazioni di questo genere potrebbero consentire di accelerare lo spoglio o ridurne di poco i costi, ma i vantaggi terminerebbero qui.
Io penso più alla Rete per iniziative come quella islandese, dove i cittadini hanno partecipato con proposte concrete alla stesura della nuova carta costituzionale del Paese.
Ma i problemi connessi alla democrazia diretta sono tali e tanti che meriterebbero un’approfondita analisi sociale“.
Tra pregi e difetti, le incognite del modello grillino – criticato in questo caso anche da grillini doc come il giurista Paolo Becchi e parlamentari e militanti del movimento – restano molte. Lo stesso Grillo, toccato dalle polemiche, ha preferito sfilarsi dalle Quirinarie. Ma allora la democrazia in Rete ce l’ha davvero un futuro? “Potrebbe – conclude Zanero – a patto che siamo disposti ad accettarne i rischi”.

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