“Formare un governo di scopo ed evitare che i partiti rilancino i propri programmi”. E’ l’auspicio del deputato Pd, Cesare Damiano, ex ministro del Lavoro nel governo Prodi, secondo cui sarà fondamentale il mix di personalità che saranno scelte da Enrico Letta. “Non è indifferente – dice – pensare che in un governo possano esserci Barca, Bonino, Cancellieri, Rodotà”. Ma la base di partenza sia il documento dei saggi, dice Damiano in una conversazione con Formiche.net.
Chi non vota la fiducia, dice il lettiano Francesco Boccia, è fuori dal Pd: il dissenso rischia di trasformarsi in scissione?
Inviterei Francesco Boccia a non gonfiare i muscoli, è inutile ribadire ai parlamentari che sono in dissenso o critici che chi non vota la fiducia è fuori. Per quello che mi riguarda sono vissuto ai tempi del centralismo democratico, e conosco da solo le regole di un partito, senza che nessuno me le illustri nuovamente: sarebbe stucchevole. Quindi ognuno si assumerà la propria responsabilità, quello che non può essere negato è il dissenso da una linea, che si deve poter manifestare nelle sedi democratiche che un partito offre.
Una direzione bis?
Mi auguro naturalmente che ci sia la possibilità di un confronto, non solo nel gruppo parlamentare ma nel partito, prima che si arrivi alla conclusione. Cioè la formazione di un governo.
L’ex ministro Alessandro Bianchi, da queste colonne, ha detto che non potrebbe votare un esecutivo che, ad esempio, avesse Gelmini ministro: con un governo non del Presidente ma politico, dunque, come conciliare le larghe intese con programmi agli antipodi su materie sensibili come giustizia, welfare, istruzione?
Come ho sempre detto sono contrario al governissimo e non per un fatto pregiudiziale. Ma perché penso che si debba distinguere tra un esecutivo del Presidente o di scopo che, utilizzando il documento dei saggi circoscriva a sette punti le azioni di un governo a tempo, e che ci conduca fuori dall’emergenza e verso le elezioni quando avrà esaurito il suo compito; e uno politico che veda insieme personaggi politici, ex ministri del Pdl o del Pd, all’interno di una formazione che, come ripete sempre Berlusconi, ha un carattere organico-politico. Sono due campi diversi, tanto più ci si avvicina all’uno, tanto più ci si allontana dall’altro. Anch’io penso, quando sento nomi come Gelmini o Sacconi, che sarebbe sbagliato per il Pd andare in una direzione di questa natura e la base del partito non apprezzerebbe. Detto questo, vorrei chiarire, non sono favorevole ad andare alle elezioni.
Per quale motivo?
Un tragico errore, soprattutto perché con l’attuale legge elettorale torneremmo al punto di partenza: uno stallo doppiamente grave, perché prolungato. Non due mesi di fermo immagine ma dodici, nel momento in cui l’economia richiede interventi rapidi e la situazione sociale sta per esplodere. Dico sì a Napolitano, ma non al governissimo, né a ripetere l’esperienza dei tecnici che ha dato cattiva prova. Insisto: formare un governo di scopo ed evitare che i partiti rilancino i propri programmi. Aggiungo che il mix in questo senso è molto importante. Per me non è indifferente pensare che in un governo possano esserci Barca, Bonino, Cancellieri, Rodotà. Ma anche politici, ricordo che tra i saggi vi erano Bubbico, Giorgetti, Quagliariello, Mauro. Quello che preme sono i contenuti, perché difronte al tentativo di trasformare la formazione di questo esecutivo in campagna elettorale, come stanno facendo Berlusconi e la Lega, allora non ci sarebbe spazio.
Se il Pdl premesse per abolire l’Imu e restituire il pregresso cosa accadrebbe?
Tutti sappiamo che è impossibile, per una fase del genere non vi sarebbero le possibilità materiali. Anche noi vogliamo rimodulare l’Imu, non facendola pagare ai ceti medio bassi. Contrariamente non ci sarebbe redistribuzione di ricchezza. Per questo ribadisco che se sommassimo gli otto punti di Bersani, quelli di Berlusconi e quelli di Monti saremmo già a ventiquattro. Più concretamente, vi è un documento redatto dai saggi, sia quello il perimetro.
Quindi un decalogo già pronto per l’uso?
Certo e nell’ordine: riforma elettorale, taglio dei parlamentari, superamento del bicameralismo, pagamento dei debiti della pubblica amministrazione, finanziamento della cassa integrazione in deroga per almeno un miliardo e mezzo, risoluzione del tema dei cosiddetti esodati, consapevoli che comunque dovremmo mettere mano alla riforma delle pensioni in quanto quella della Fornero è sbagliata. Reintroduciamo un principio di flessibilità, a scelta del lavoratore, con premi e penalizzazioni, che consentano con determinati requisiti di andare in pensione tra i 62 e i 70 anni. Infine un piano straordinario per l’occupazione soprattutto giovanile, per la rioccupazione degli over 45 e di quelli in mobilità.
Come?
Attraverso uno sconto fiscale, il cuneo o la detassazione, per l’assunzione a tempo indeterminato. Non andiamo al di là di questi contenuti essenziali.
La “cosa” a sinistra con Vendola o un Pd profondamente rinnovato con Renzi: quale il futuro?
Spero di non essere schiacciato fra Renzi e Vendola, penso sempre ad un partito che abbia un’ispirazione fortemente sociale, ancorata alla storia da cui provengo del socialismo democratico europeo e alla dottrina sociale della Chiesa. Oggi al centro di tutto c’è il tema del lavoro, della dignità umana della persona, del sostegno alle imprese. Io partirei da questo.
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