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Moavero pronto al bis per una mission (quasi) impossible

Se la riconferma di Enzo Moavero è un punto fermo di tutti i totoministri non è un caso. Difficile prevedere chi terrà i cordoni della spesa a Roma. Sorprese “fuori rosa” potrebbero spuntare per tutti i dicasteri. Ma, almeno per il momento e salvo ripensamenti, per la casella delle Politiche europee non ci sono né candidati concorrenti né tensioni politiche (se non il rischio di un’eccessiva rappresentanza dei montiani).

I partiti sono ben felici di esternalizzare la gestione dei rapporti con Bruxelles al ministro del governo uscente e lui negli ultimi tempi si è mostrato disposto a restare, facendo capire che sul piatto mette la disponibilità a trattare con le istituzioni europee per ottenere il massimo possibile.

A Suo vantaggio gioca il fatto che, se tutti parlano di rinegoziare i vincoli di finanza pubblica con Bruxelles, di fare “come Francia e Portogallo”, cioè ottenere maggiore elasticità sul deficit, molti sanno anche che il percorso per ottenere qualcosa dalla Commissione europea si dipana su un sentiero strettissimo e pieno di insidie. Moavero capisce bene, oltre alle regole, la mentalità e il linguaggio bruxellesi e può percorrerlo per intero senza incidenti. Diversamente, il rischio è non ottenere nulla, se non una maggiore rigidità da parte del commissario Olli Rehn.

Il dettaglio lo ha spiegato lo stesso ministro in un incontro con i giornalisti pochi giorni fa. Il prossimo governo dovrà concretizzare l’apertura ottenuta al Consiglio europeo, cioè la golden rule per non fare pesare sul deficit gli investimenti ti pubblici produttivi. Per il momento c’è solo il principio, manca la definizione di cosa siano gli investimenti.

Impossibile chiedere un trattamento come quello che la Francia e il Portogallo hanno ottenuto dalla Commissione. Nel loro caso si tratta di allungare il tempo per rientrare sotto la soglia del 3% nel rapporto deficit/Pil. L’Italia è già sotto quella soglia, ma restiamo osservati speciali a causa del nostro debito pubblico . Però, e questa è l’altra sfida, dal prossimo anno possiamo chiedere di fare qualcosa in deficit per la crescita, sempre a patto che non si superi la soglia del 3%.

Il metodo per farlo c’è già ed è quello delineato dalla lettera dei commissari Antonio Tajani e Rehn, cioè la disponibilità a considerare come fattore attenuante nel controllo dei conti, spese in deficit che abbiano scopi specifici. Nella lettera voluta dal vicepresidente Italia della Commissione la flessibilità era destinata al pagamento dei debiti della pubblica amministrazione verso le imprese. Ma dal 2014 potrebbe andare ad altri obiettivi. L’importante – ha spiegato recentemente lo stesso Moavero – è che tutto sia concordato con la Commissione: “Metro per metro, si possono conquistare chilometri”. Battuta che vale una autocandidatura per un bis al ministero.

 


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