Anche in una fase congiunturale estremamente difficile come quella che sta interessando da mesi il tessuto produttivo nazionale, meridionale e regionale – nel contesto di una crisi epocale dell’economia occidentale avviatasi dall’ultimo trimestre del 2008 e attenuatasi solo nel biennio 2010-2011 – non dobbiamo sottovalutare quanto ha sottolineato di recente il Prof. Marco Fortis, Vicepresidente della Fondazione Edison, in un suo articolo apparso il 10 aprile sul Mattino di Napoli. Egli, scrivendo sulla presenza dell’industria nel Sud, ha posto in luce, fra l’altro, come il valore aggiunto manifatturiero della Puglia nel 2010, pari a 6,3 miliardi di euro, (ultimi dati disponibili) sia stato superiore a quello di Nazioni come Croazia (6 miliardi) e Slovenia (5,9 miliardi).
L’industria manifatturiera pugliese, dunque, in quell’anno ha registrato un valore aggiunto superiore a quello di due nazioni europee. E Fortis ha aggiunto che, sempre nel 2010, il valore aggiunto manifatturiero dell’intero Mezzogiorno (28,8 miliardi di euro) è stato superiore (nell’ordine) a quello di Finlandia (27,1 miliardi), Romania (26,9 miliardi), Danimarca (23,2 miliardi), Portogallo (20,2 miliardi) e Grecia (20,2 miliardi).
E nello scenario dell’industria manifatturiera meridionale gli stabilimenti insediati nelle tre province di Brindisi, Taranto e Lecce – fra cui campeggiano quelli di Ilva, Eni (Enipower, Versalis, Refining &Marketing), Enel, Edipower, Alenia Finmeccanica, Avio, LyondellBasell, Exxon Mobil, Vestas, AgustaWestland, Fiat Cnh, Salver, Cementir, Colacem, Heineken, Marcegaglia, Arsenale Militare, Teleperformance, Transcom, affiancati da forti nuclei di pmi locali – assolvono un ruolo fondamentale per l’economia regionale, meridionale e nazionale e concorrono in misura determinante alla posizione della Puglia che, come si è detto in precedenza, ha superato quella di Croazia e Slovenia.
Certo, in questo grande bacino industriale come del resto in tutto il Paese, i problemi non mancano e le cronache sindacali e i dati sulle varie tipologie di cig ci dicono che è necessario imprimere una svolta profonda alla politica economica nazionale pur nel rispetto dei vincoli che sono stati stabiliti a livello europeo. Ora, se questa opzione è assolutamente necessaria e impellente, tuttavia in un passaggio del suo appassionato discorso di insediamento il Presidente Napolitano, proprio con riferimento al Meridione, ha affermato: “occorre un colpo di reni, nel Mezzogiorno stesso, per sollevarlo da una spirale di arretramento e impoverimento.”
Ancora una volta, come già in passato, il Capo dello Stato ha voluto sottolineare che per restituire al Sud prospettive di crescita economica e civile debbano essere in primo luogo gli stessi Meridionali a prendere nello loro mani il proprio destino, pur nel contesto di politiche nazionali attente alle particolari condizioni del Mezzogiorno. Un’affermazione pienamente condivisibile, ove si pensi a quanto sta accadendo ormai da tempo nelle aree meridionali del Paese in cui non si colgono più – ammesso poi che siano mai esistite – eguali condizioni di degrado e abbandono. Non è solo una difformità dei tassi di crescita delle economie regionali a fare la differenza – frutto a sua volta di diverse capacità delle Istituzioni di promuovere lo sviluppo dei propri territori – ma anche differenti modalità di funzionamento e attività di stakeholders, partiti, Enti Economici, Università, centri di ricerca, corpi intermedi.
In tale scenario la Puglia manifesta ormai da decenni le sue differenze positive, confermando peraltro quelle secolari che, se ben valorizzate, aiuterebbero a fronteggiare anche nuove emergenze. Sono enormi infatti le sue risorse naturali, paesaggistiche, storico-architettoniche, produttive, scientifiche, civili e culturali che potrebbero essere ancor più valorizzate. Già i tassi di crescita – pur con le oscillazioni causate dalla congiuntura nazionale e mondiale – si rivelano superiori a quelli di altre regioni. Oltre 40 multinazionali presidiano il sistema industriale pugliese, affiancando tessuti di piccole e medie imprese locali, provate certo dalla crisi ma non distrutte, e con potenziali ancora elevatissimi di reattività sui mercati.
L’Ente Regione, pur nella tenaglia dei vincoli del Patto di stabilità interno (da attenuare da parte del nuovo Governo) sta spendendo le risorse comunitarie, ma direi che – per quanto possa apparire paradossale – giova alla migliore condizione della Puglia proprio l’intensa dialettica fra le forze politiche di maggioranza e dell’opposizione di Centro-destra, il cui consenso popolare è molto elevato, e che stimola i soggetti preposti a migliorare le proprie performance politico-amministrative.
Ma sono soprattutto le grandi potenzialità di base della Puglia che potrebbero essere ancor più valorizzate in un ampio master plan di sviluppo accelerato che sino al 2020 raddoppi e stabilizzi il tasso di crescita della sua economia, non puntando però solo sulle risorse comunitarie, ma anche su quelle private pur presenti nel territorio, e sui massicci mezzi finanziari dei Fondi sovrani di investimento da attrarre con intense politiche di marketing territoriale. Ma ha ragione in proposito il Presidente Napolitano: bisogna dare un colpo di reni nello stesso Mezzogiorno e nella nostra Puglia.