E’ stato un discorso chilometrico, di quasi un’ora e mezza. E non si può certo dire che sia stato soporifero, né che Peer Steinbrück non sia stato in grado di parlare con afflato e passione ai rappresentanti del suo partito. Tutt’altro. Il candidato Cancelliere dell’Spd è riuscito nell’impresa di toccare loro mente e cuore, di tenerli almeno per una volta tutti compatti dietro di sé. Lo ha fatto dedicando ampio spazio ai propri progetti di politiche sociali e fiscali, senza mai perdere il contatto con il pubblico, ma anzi invitando in sala alcune persone comuni, non necessariamente tesserate del partito, che potessero testimoniare i tanti casi di ingiustizia sociale, ma anche di solidarietà e di integrazione che vi sono nel Paese. Tutti quanti stretti attorno allo slogan scelto per questa campagna elettorale: “E’ il NOI a decidere”. La comunicazione insomma pare aver funzionato. Sin dall’inizio, quando Steinbrück ha deciso di «incominciare con la fine» del suo discorso («Voglio diventare Cancelliere della Repubblica Federale!»), costringendo così l’uditorio ad una immediata standing ovation.
Ma per infondere morale in un partito ai minimi storici nei sondaggi, l’ex ministro delle Finanze della Große Koalition ha commesso anche qualche errore. Ha evitato di prendere posizione sulla politica europea e non ha chiarito il proprio modello di politica energetica. Due temi chiave in vista delle elezioni federali del 22 settembre prossimo. C’è da chiedersi perché non l’abbia fatto. La risposta è piuttosto semplice.
Nel primo caso avrebbe mostrato una sostanziale comunanza di vedute con la signora Merkel, bersaglio principale del suo intervento per aver detto di essere alla guida del Governo migliore dalla riunificazione tedesca e per aver indicato in una democrazia conforme al mercato (marktkonforme Demokratie) il proprio modello politico di riferimento. In realtà, come dimostrano i quattro anni in cui hanno condiviso i banchi del governo, Merkel e Steinbrück hanno una visione della politica non poi così dissimile. Caricaturale è apparso quindi il tentativo di dipingere la Cancelliera come una neo-thatcheriana in salsa teutonica.
Come ha sottolineato qualche tempo fa Wolfgang Münchau in un suo editoriale su Der Spiegel, l’SPD non sembra avere invece idee proprie sull’eurocrisi. Al di là di qualche richiamo populista alla tassa sulle transazioni finanziarie e qualche spruzzatina di rosso con proposte irrealizzabili come la garanzia di un posto di lavoro o di formazione a tutti i giovani europei, il diktat dell’austerità, così come declinato dalla signora Merkel, è fatto proprio anche dai socialdemocratici, da Martin Schulz a Frank-Walter Steinmeier, da Sigmar Gabriel a Thomas Oppermann. Non c’è insomma alcuna chiara discontinuità, né il convincimento, molto diffuso tra tanti economisti neokeynesiani, della necessità di correggere le global imbalances, partendo proprio dall’Europa.
Anche sul lato delle politiche ambientali, Steinbrück temporeggia. E questa volta il motivo di tanta prudenza sono i propri tradizionali alleati, i Grüne, la cui presidente, Claudia Roth, ha per la prima volta tenuto un breve discorso di saluto ad un congresso socialdemocratico. Come dimostra il caso del Nordreno-Westfalia, mentre i socialdemocratici non sembrano voler prescindere dai combustibili fossili, gli ecologisti sono portatori di una linea intransigente, che renderà a quanto pare ancora più difficile il raggiungimento degli obiettivi della Energiewende, la svolta energetica, inaugurata (o forse meglio sarebbe dire, confermata) dalla signora Merkel due anni fa.
Insomma, per una volta Peer Steinbrück ha preferito smussare gli angoli, cercare il consenso tra i suoi e infondere fiducia nei propri alleati, già piuttosto nervosi per i sondaggi poco confortanti. Non c’è dubbio che prima o poi si esprimerà anche su temi più scottanti, dagli aiuti a Cipro alla situazione in Italia. Quando lo farà, non bisognerà però aspettarsi una retorica diversa da quella cristianodemocratica. Ecco perché, ad oggi, l’ipotesi di una grande coalizione tra CDU ed SPD è più che mai attuale.