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48 morto che parla. Le lobby resuscitano il CNEL

Si infittiscono le indiscrezioni sul prossimo disegno di legge governativo sulle lobbies. In circolazione ci sono tante versioni. Tutte apocrife, sostengono alcuni, soprattutto quelli che ci tengono a passare per “bene informati”. E così si rincorrono voci prive di qualsiasi controllo.

L’ultima (indiscrezione?) è firmata Davide Colombo, sul Sole24Ore. Nell’articolo Colombo evoca uno scenario rassicurante (almeno per chi temeva rivoluzioni copernicane). Tutto secondo le previsioni. C’è il registro, c’è l’obbligo di registrazione e rendicontazione. Ci sarebbero addirittura le “porte girevoli”.

Ammesso e non concesso che sia tutto vero, una cosa colpisce: il ruolo che il disegno di legge affiderebbe al CNEL. Parliamo del Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro, organo voluto dalla Costituzione e da qualche anno divenuto sinonimo di mala-gestione e spreco. Già 10 anni fa la Corte dei Conti evidenziava come i dirigenti e i dipendenti del CNEL fossero i meglio pagati di tutta la pubblica amministrazione, con una media per i primi di 161mila euro (contro la media generale di 141mila) e per i secondi di 88mila (contro 66mila). Più recentemente, siamo a luglio 2012, L’Espresso definiva così l'”allegra gestione” del CNEL: “Spese inutili, consulenze a pioggia, stipendi d’oro. E un nuovo regolamento interno che aggira i tagli voluti dal governo“. E via così, si potrebbe continuare a lungo (tra gli ultimi apparsi c’è il reportage rilanciato da Dagospia due mesi fa).

Di tanto in tanto un tentativo di resuscitare il CNEL dal torpore istituzionale in cui è caduto qualcuno lo fa. Per esempio nel 2007 Nicolais provò ad affidargli la vigilanza sulla “fannullopoli” degli impiegati pubblici. Ma è soprattutto sulle lobbies il Consiglio va forte. Prima Marzano (che del CNEL è presidente) e poi Santagata lo considerarono luogo ideale per custodire l’anagrafe dei lobbisti. Dopo di loro l’idea cadde in desuetudine. Negli ultimi (anche ultimissimi) disegni di legge l’ambito titolo di “centrale acquisti” delle lobby italiane se la sono giocata la Presidenza del Consiglio e la Civit, la Commissione indipendente per la valutazione, la trasparenza e l’integrità delle amministrazioni pubbliche.

 


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