Skip to main content

Bologna, il referendum sulla scuola spacca la sinistra

Il no al finanziamento pubblico delle scuole private dell’infanzia ha prevalso con il 59% nel referendum consultivo a Bologna.
I cittadini della “città più rossa d’Italia” hanno espresso la volontà di destinare un milione di euro l’anno soltanto alle scuole materne statali e comunali, e interrompere il sistema integrato introdotto con una legge regionale in Emilia-Romagna dal 1995.
Il referendum è stato promosso da un gruppo di associazioni, movimenti e partiti chiamato “Articolo 33”.
Nei 199 seggi i votanti sono stati 85.934 pari al 28,71% degli aventi diritto; per l’opzione A, quella dei referendari, hanno votato 50.517 persone pari al 59%; mentre per la B (quella per mantenere lo stato attuale di finanziamento anche alle scuole paritarie), si sono espresse 35.160 persone pari al 41%.

I NOMI ECCELLENTI
Sul referendum si è aperto un dibattito acceso in città nelle ultime settimane. A favore dello “stop” al finanziamento pubblico, infatti, si è schierato oltre al Movimento 5 Stelle di Beppe Grillo, a Sel, a una parte della Cgil e della Fiom, anche una parte del Pd. A guidare idealmente il gruppo dei promotori, anche Stefano Rodotà nominato presidente onorario, al quale si sono aggiunti i nomi di Margherita Hack, Andrea Camilleri, Salvatore Settis (rettore della Scuola Normale di Pisa), i Wu Ming, Valeria Golino e Riccardo Scamarcio.
Contro il referendum, oltre alla Chiesa bolognese che rappresenta le decine di istituti religiosi gestori di scuole private, anche il Pd, Pdl, Udc e la Cisl. Tra i nomi eccellenti Romano Prodi, l’economista Stefano Zamagni e Pier Ferdinando Casini.

MEROLA VA AVANTI
Il sindaco Virginio Merola, a pochi giorni dalle elezioni, aveva chiarito che indipendentemente dal risultato del referendum il Comune avrebbe proseguito come in passato, mantenendo fede al programma elettorale.
Diversa l’opinione del comitato “Articolo 33”, per il quale l’amministrazione comunale dovrà tenere contro del risultato di ieri alle urne: “La scuola pubblica – dicono i sostenitori della proposta A – ha vinto il referendum nonostante una larga alleanza di forze politiche ed economiche abbia sostenuto l’opzione B con tutto il proprio peso. Un risultato che lancia un messaggio al paese: la scuola di tutti, laica e gratuita, è un bene comune e deve rimanere un diritto come sancito dalla nostra Costituzione”.

Uno degli striscioni del comitato “Articolo 33”

LE POLEMICHE
A votare è stato meno di un bolognese su tre: un’affluenza molto bassa che ha scatenato polemiche. Per il parlamentare del Pd Edoardo Patriarca è la dimostrazione “che ha votato una minoranza. Si è trattato di una battaglia ideologica che non interessa la gran parte dei cittadini. I bolognesi hanno capito che la sussidiarietà è la chiave di volta laddove lo Stato non riesce ad arrivare“.
Ma i veri sussulti sono stati sul fronte politico. Il centrosinistra, che come da tradizione amministra la città, ha rischiato la rottura. Il Pd governa con Sel, il partito di Nichi Vendola. Il presidente della Puglia si è schierato apertamente per il no ai fondi alle scuole private, in aperto contrasto con il sindaco Virginio Merola, che ha definito il comportamento di Vendola “vergognoso”. In replica, Sel ha dichiarato il suo appoggio a Merola come “a tempo determinato”.

Uno spot del Comitato per la Scuola Pubblica


×

Iscriviti alla newsletter