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Il Corriere della Sera licenzia Mario Canzio

Uno dei problemi dell’Italia è senz’altro quello dei tanti lacci normativi e sperperi di risorse che ne frenano il dinamismo dell’economia.
In tal senso, la campagna del Corriere della Sera contro i costi della burocrazia non può che incontrare il favore di chi crede che vada snellita la pachidermica macchina dello Stato.

Dopo anni spesi ad attaccare a muso duro la politica, vista come unica responsabile dell’opacità della cosa pubblica, la stampa pare aver identificato un nuovo nemico: i burocrati.

Una campagna in cui il quotidiano diretto da Ferruccio de Bortoli è stato preceduto dal Sole 24 ore. Già tempo fa il quotidiano economico di Confindustria aveva dato vita a un vivace botta e risposta sui debiti della Pubblica Amministrazione tra il notista Guido Gentili e Mario Canzio (nella foto), il Ragioniere Generale dello Stato diventato il nuovo bersaglio del Corriere.

L’ATTACCO A CANZIO
In un editoriale a firma di Francesco Giavazzi, si critica senza mezzi termini Canzio, colpevole per l’economista ed editorialista di punta del quotidiano Rcs di aver fatto crescere a dismisura il debito pubblico.
L’attuale ragioniere dello Stato – commenta Giavazzi – entrò in Ragioneria nel 1972, 41 anni fa, come funzionario dell’Ispettorato generale del Bilancio, l’ufficio che ha il controllo della spesa pubblica. Da quel giorno la spesa pubblica al netto degli interessi è cresciuta (ai prezzi di oggi) di circa 200 miliardi, dal 32 al 45 per cento del Pil. Da quando, otto anni fa, fu nominato Ragioniere generale, è cresciuto di oltre 30 miliardi”.

LA RICETTA DI GIAVAZZI
L’analisi dell’economista è incentrata sullo scarso avvicendamento ai vertici, che consente a molti dirigenti dello Stato di diventare dei veri e propri “padroni” con poteri quasi illimitati. “I sindaci – scrive Giavazzi – durano in carica cinque anni, con la possibilità se rieletti di un secondo mandato, il Governatore della Banca d’Italia sei, il Presidente della Bce otto. Il Ragioniere generale a vita”.
“Non è venuto il momento – si chiede – di affontare il ricambio della burocrazia? Cambiare i vecchi burocrati – conclude l’economista – è certamente costoso perché un nuovo dirigente ci metterà un po’ a prendere in mano le redini del ministero. Ma è un costo che val la pena pagare. L’alternativa è non continuare a far nulla”.


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