C’è qualcuno che nasconde le statistiche (buone) sulla crisi greca? Esiste una campagna di stampa “catastrofista” che preme sull’acceleratore di una crisi ancora più nera? Se lo è chiesto giorni fa il Wall Street Journal in una lunga analisi. In cui sciorina ipotesi e sospetti su dati e numeri vergati senza la necessaria certezza di ripresa (minima) e prospettive (future). Secondo il prestigioso quotidiano vi sarebbero diversi segnali incoraggianti, in primis una situazione politica finalmente stabile dopo le due elezioni consecutive dello scorso anno. E ancora, l’ascesa dell’indicatore del clima economico in Grecia, la volontà delle istituzioni elleniche di accelerare i processi di riforme.
Ad oggi sono due le privatizzazioni andate a segno, dopo che all’ente preposto (il Taiped) si sono succeduti tre presidenti in un anno: il totocalcio ellenico, l’Opap, ceduto per 652 milioni all’unica offerta giunta, quella del fondo Emme Delta capitanato dal miliardario ceco Smejc (compagno di ventura del noto Kellnser, padre del fondo PFP fino a poco fa in Generali) e l’aeroporto internazionale di Atene “Eleftheros Venizelos”, il cui 33% è stato venduto ad una compagnia canadese per un miliardo di euro. Secondo il WSJ la vera notizia sarebbe nel fatto che “se il paese può realizzare il programma di consolidamento, allora c’è la possibilità di una nuova riduzione del debito”. Con il pollice in su da parte dell’Fmi.
Ciò che il quotidiano non sa o non scrive, di contro, è che se il paese di Pericle accusa i numeri di oggi e tre memorandum della troika, è per via di politiche dissennate, ruberie e mancate riforme da parte della stessa classe dirigente ora chiamata al capezzale della patria Grecia. Che ha truccato i conti per entrare nella moneta unica, come sa bene uno degli economisti presenti in quel pool di esperti, l’attuale ministro delle Finanze. Con tanti saluti ai catastrofisti o a chi proprio non la dice tutta.
twitter@FDepalo
