Tutto ha avuto inizio con un editoriale firmato con il leader di Italia futura Luca di Montezemolo. Ma da quelle parole, osserva a freddo 24 ore dopo Nicola Rossi, economista, già senatore e anima del pensatoio liberale montezemoliano, occorre ripartire con due direttrici di marcia: marcando le differenze da Scelta civica (“IF assolve ad una funzione diversa, di stampo culturale-politico e non partitico”) e suonando l’allarme sulla situazione italiana: “Basta con politiche redistributive, stiamo ridistribuendo una torta che, ogni giorno, è più piccola. E tra poco non vi sarà più nulla da dividere”.
La locuzione utilizzata in quell’editoriale scritto a quattro mani con Montezemolo, “riprendere la strada maestra”, preannuncia una nuova discesa in campo di Italia futura?
Credo che quell’editoriale sia nettissimo nel chiarire che noi, rispetto a Scelta Civica, facciamo un mestiere diverso. Il primo è un movimento politico che si è presentato alle elezioni conseguendo il proprio risultato. Noi assolviamo ad un’altra funzione: fare il possibile perché il Paese smetta di rassegnarsi al declino. Penso che sia una missione in questo momento cruciale, non solo per i liberali ma in generale per chi ha a cuore un interesse nazionale: evitare, così come si è fatto in questo inizio di legislatura, di ritenere che l’unico problema italiano siano le politiche ridistributive. Noi stiamo ridistribuendo una torta che, ogni giorno, è più piccola. E tra poco non vi sarà più nulla da dividere. Quindi è necessario che qualcuno alzi la voce per indicare agli italiani che è giunto il momento di alzarsi in piedi e guardare le cose diversamente. Se vogliamo farcela dobbiamo tentare di ingrandire, ogni giorno di più, quella torta. Contrariamente i primi a pagare saranno i più deboli.
Quando annunciate un’innovazione “di contenuti e forme” fate riferimento a istanze da portare nelle commissioni o ad un vademecum da affidare alla Convezione per le riforme?
Nulla vieta o esclude, se ce ne saranno le occasioni, future collaborazioni. Ma l’obiettivo è dare supporto a quei parlamentari, indipendentemente dalla collocazione politica, che volessero usufruire della capacità di elaborazione culturale di Italia futura. Quando si parla di innovazione si fa riferimento a due aspetti distinti. In primis vorremmo fare il possibile perché le decisioni serie che il Paese deve assumere nei prossimi mesi, in particolare per quanto concerne le riforme costituzionali e la nuova legge elettorale, siano partecipate nella maniera più ampia possibile. Uno dei nostri obiettivi è fare di tutto perché IF diventi uno dei tanti punti di partecipazione in questo dibattito. In secondo luogo, devo dire che noi partiamo dalla consapevolezza che la situazione del Paese sia talmente seria, da constatare come di parole gli italiani ne abbiano ascoltate sin troppe. E soprattutto in questo inizio di legislatura, che è stato, ad eccezione delle decisioni del Presidente della Repubblica, caratterizzato da troppe chiacchiere. Noi vorremmo promuovere azioni con ricadute concrete.
Partendo da quale priorità?
Proviamo a difendere, nella legge, quegli italiani che credono nel diritto nella libertà di impresa, o quelli che non vedono tutelata la concorrenza. Dovremo essere noi a sostenerli in queste battaglie.
Come implementare l’azione di governo su due temi significativi, come Irap e liberalizzazioni?
Anche su questo fronte, per quanto possibile, cercheremo di riprendere il filo conduttore che ci ha caratterizzati nel 2011: ovvero provare a fissare punti dell’agenda. Mi limiterò a un passaggio semplicissimo: riteniamo che abbia ragione da vendere il ministro dell’Economia Saccomanni quando segnala che il problema non verte solo sul rinviare o azzerare la rata dell’Imu sulla prima casa. Ma esiste una grande questione aperta sulle imprese che, fra Imu e Irap, sono gravate da un carico fiscale indipendente dagli utili prodotti, che non ha eguali in altri Paesi. Inoltre la situazione dei mercati è tale per cui, se non si vara adesso un piano serio di privatizzazioni, non so se vi saranno altre occasioni: la liquidità è abbondante e i tassi di interesse sono al livello che conosciamo.
Italia futura interloquirà con altre realtà riformatrici, magari puntando a quella fetta di elettorato che ha scelto Grillo o l’astensione?
Il nodo non è interloquire con Tizio o con Caio, piuttosto porre con forza una questione al Paese: che la smetta di pensare che tutti i problemi vengono dall’austerità imposta dall’Europa o che l’unica mossa possibile sia ridistribuire risorse. É un problema di linea culturale, prima ancora che di linea politica. Nel Paese sta passando una linea culturale che ci conduce ad un lento processo di marginalizzazione: economica, sociale e internazionale.
Come uscirne dunque?
Qualsiasi provvedimento, nella direzione della riduzione della pressione fiscale, sarà il benvenuto.
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