Tagliare, con criterio, si può e “il mio partito ha proposto un piano per la spesa pubblica del 2% in cinque anni”, annuncia il deputato del Pdl Daniele Capezzone. Il neo presidente della Commissione Finanze della Camera ragiona con Formiche.net sugli strascichi degli inasprimenti fiscali voluti dal governo dei tecnici, che “hanno prodotto semplicemente una classica curva di Laffer”: ovvero il clamoroso calo delle entrate. E propone uno “choc” per l’economia italiana.
La Corte dei Conti boccia le coperture del governo Monti: un’ombra sui tecnici?
Credo occorra una grande operazione-verità sulle scelte finali del governo Monti. Io stesso, come coordinatore dei dipartimenti del mio partito, sollevai un caso non avendo alcuna smentita, anzi solo conferme. Ovvero il clamoroso calo delle entrate tributarie da classica curva di Laffer, per dirla in termini liberali. Alzando troppo le aliquote, alla fine non si incassa. A fronte di una previsione di entrate da 784 miliardi, ne hanno incassato 21 in meno. E’ evidente che se si sommasse il calo delle entrate ai denari ora necessari per il provvedimento sull’Imu, sulla cig, sugli ammortizzatori sociali da rifinanziare e sul fiscal compact, il quadro conseguente sarebbe di estrema delicatezza.
Dopo l’Ocse, Confindustria: più importante intervenire sul lavoro che sulla casa. Come procedere?
La situazione italiana è tale che si deve dare un alleggerimento fiscale a tutti: alle famiglie con l’Imu, alle imprese con il nostro programma che prevedeva interventi sull’Irap, ai lavoratori in virtù della detassazione delle nuove assunzioni. O abbiamo la forza di determinare uno choc positivo dell’economia, dando respiro a tutte le componenti, o avremo solo una malinconica gestione di un povero status quo.
Taglio della spesa pubblica: dove e come intervenire?
Il monte è di 800 miliardi annui. Alzi la mano chi sostiene che non si possano fare piccoli interventi. Lo dico per semplificare: l’Imu sulla prima casa vale 4 miliardi. La vera spending review era stata avviata dal governo Berlusconi, fu fermata, ma adesso va immediatamente rimessa all’ordine del giorno: mi riferisco ai costi standard nella sanità. Se riprendessimo in mano quel dossier, ovvero un riallineamento dei costi su un livello più efficiente su tutto il territorio nazionale, sul capitolo sanità potremmo avere delle riduzioni di spesa. Un secondo elemento è il patrimonio pubblico, in particolare quello immobiliare su cui lo stesso governo Monti nella fase finale attraverso il ministro Grilli aveva riconosciuto si potessero ricavare 13/15 miliardi annui. Aggiungo che il mio partito aveva immaginato un piano per ridurre del 2% in cinque anni la spesa pubblica, ovvero 80 miliardi in una legislatura che potrebbero dare ossigeno ad altri comparti.
Di contro i consumi sono a picco, mai così giù dal 2000: come intrecciare le mancate liberalizzazioni con il lavoro congiunto delle commissioni Finanze e Sviluppo?
Il calo della domanda interna, in questo specifico frangente, è in piccola misura ascrivibile alle mancate liberalizzazioni. E lo dico da convinto liberale. Molto più semplicemente gli italiani non hanno denaro, si pensi che la tredicesima dello scorso anno è stata interamente utilizzata per pagare l’Imu: solo dei marziani non se ne renderebbero conto. La crisi è stata aggravata dagli inasprimenti fiscali. Il vero nodo è evitare che la cosa si ripeta con Imu e Tares.
Il neo dg della Banca d’Italia, Rossi, è fautore di una politica industriale non dirigista. E ha criticato le timide liberalizzazioni di Monti: quale apporto attendersi?
Ho un enorme fiducia e credo che, non solo l’Italia ma l’intera area euro, potrà trarre beneficio per un verso dall’azione di Draghi e dall’altro proprio da Bankitalia.
Proprio Draghi ha punta il dito contro la disoccupazione: ma come evitare disordini sociali quando mancano commesse e riforme?
Il capo della Bce da anni, in assoluta sintonia con noi, denuncia un sistema di welfare europeo e l’errato binomio spese-alte e tasse-alte, che ha portato i risultati sotto gli occhi di tutti: crisi e indebitamento. A cui la risposta “merkeliana” non è stata all’altezza, producendo un ulteriore avvitamento. Il paradigma va invertito in fretta e su questo Draghi ha ragione.
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