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Disastro Alemanno. La corsa al Campidoglio vista da Telese

Ciò che emerge dal voto per il Campidoglio, al netto della scarsa affluenza, è un voto di chiara matrice bipolare ragiona il giornalista Luca Telese, conduttore su La7 della striscia di approfondimento politico In Onda assieme con Nicola Porro. Secondo Telese, già al Giornale, al Fatto e a Pubblico, se il dato macroscopico è la débacle di Alemanno (“non ha dato un disegno alla città”), non hanno però vinto terze vie. Antipolitica inclusa.

Il dato più significativo delle comunali di Roma è l’astensione?
No. La prima cosa che mi colpisce è la débacle di Alemanno. Ovvero un sindaco uscente che, dopo un mandato, prende circa il 30%: proprio un disastro. In secondo luogo direi che esiste un effetto Grillo che in tutta Italia vede ridimensionarsi i Cinque stelle. De Vito a Roma non era un candidato importante, per cui qui c’è stato un doppio convergere di fattori: la fragilità del candidato locale e la tendenza nazionale.

Gli errori della gestione Alemanno hanno pesato più dei meriti del Marino vincitore delle primarie?
Marino non era un candidato “romano”, ma era uno che poteva interpretare una certa identità della sinistra romana che è sempre stata presente negli anni e che nei periodi di alta marea ritorna. Quindi aveva sicuramente buone possibilità.

Ma il sindaco uscente dà la colpa al derby…
Dal “destino cinico e barbaro” di Saragat al “tutta colpa del derby” di Alemanno. E’ il passaggio dalla Prima repubblica alla Repubblica dei nani.

Nelle previsioni anche Marchini era dato più vicino ai due di testa. Che cosa è successo?
Ciò che stupisce è il fatto che forse Marchini nella sua cavalcata è stato limitato dal Movimento Cinque stelle. Sembrava molto popolare, ma evidentemente poi ha ottenuto solo un voto di élite.

Un po’ delusi i palazzinari?
Beh, in questi anni hanno giocato le loro partite anche senza Marchini. Direi che forse Caltagirone ha tifato per Alemanno e magari dieci anni fa per il centrosinistra. Quindi non legherei alla rappresentanza diretta la forza di una lobby così importante della Capitale. Ma emerge un voto che, anche se condizionato dalla scarsissima affluenza, è di matrice bipolare: non hanno vinto terze vie, paradossalmente i romani hanno scelto uno scenario di centrosinistra.

Il dato dei grillini può innescare un’analisi sulla seconda fase del Movimento?
Deve innescarla, perché se non entreranno in gioco, la loro politica subirà precise conseguenze in termini di consenso.

Quali i maggiori errori di Alemanno, di gestione o di mancanza di visione?
Ha mostrato una classe dirigente impresentabile, forse perché in quel turno si è trovato “pizza, fichi, e brutti, sporchi e cattivi”. E ha commesso l’errore drammatico di pensare che sarebbe riuscito a gestirli: l’elenco delle parentopoli, gli annunci, le dichiarazioni. Ricordo che si presentò dicendo di voler demolire il mausoleo di Adriano. E ventiquattr’ore dopo fece marcia indietro. Poi passò alla Nuvola, mentre la metropolitana si è arenata. Prima ancora di tutti i piccoli scandaletti allucinanti della giunta, c’è stata l’incapacità di dare un disegno alla città. Poi si può dire qualunque cosa, ma Rutelli è quello che ha gestito il Giubileo e Veltroni è l’ultimo ad aver disegnato l’immagine della città. Si disse con tanti limiti, ma in verità le notti bianche, le sagre del jazz e del cinema sembravano l’età dell’oro.

Se Alemanno dovesse uscire di scena si porterebbe via l’ultimo pezzo della destra post missina: un requiem?
La destra italiana è stata divorata dal berlusconismo, come ha osservato qualche giorno fa sul Foglio Alessandro Giuli. La classe dirigente post missina è stata sbranata dal Caimano. E’ il prezzo che ha pagato per qualche giro di valzer e qualche poltrona importante. Che ne ha distrutto la propria identità.

twitter@FDepalo

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