Il prossimo sabato al Tempio di Adriano, in Piazza di Pietra a Roma, prende il via la campagna #eleggiamociilpresidente, promossa dal costituzionalista Giovanni Guzzetta in favore di una riforma istituzionale in chiave semipresidenzialistica. In questa conversazione con Formiche.net Guzzetta ricorda obiettivi e auspici, allertando sul pericolo di un nuovo fallimento.
Sabato sarete in piazza a Roma per “riprendervi la Repubblica”, dite. Che significa?
Certo. Il dibattito parlamentare di due giorni fa sulla mozione parlamentare per la riforma costituzionale dimostra due dati. Primo: il percorso è complesso, perché accanto a molti innovatori persistono altrettante resistenze nel Parlamento. Secondo: non si può pensare di fare delle riforme limitate alla legge elettorale, in quanto essa da sola risulterebbe molto divisiva in questo momento.
Come procedere allora?
Siamo convinti che l’unica soluzione possibile sia cercare un accordo alto, tra presidenzialisti al governo e sostenitori del doppio turno di collegio. Che si incontrino e tentino la sintesi in uno scambio nobile e virtuoso. Ecco il motivo per il quale noi abbiamo avviato questa campagna trasversale, a cui prenderanno parte personalità di tutti gli orientamenti politici e culturali. L’intenzione è di essere la sponda riformatrice del Paese, rispetto alle pulsioni di cambiamento che pur ci sono nelle istituzioni ma anche non hanno ancora trovato ampio riscontro.
Un mese fa in occasione del varo del governo l’abolizione del porcellum sembrava la priorità, oggi si registra ancora uno stallo: calcolo politico o approssimazione?
Penso che processi simili accusino rallentamenti e accelerazioni imprevedibili, a seconda dell’humus in cui gravitano. Noi lavoriamo proprio per instaurare un clima positivo e produttivo, che acceleri le scelte. Credo che, come è stato sottolineato anche nel dibattito parlamentare, pur ragionando in termini di interessi, la classe politica oggi abbia l’urgenza di produrre risultati credibili anche sul terreno delle riforme istituzionali.
In caso contrario?
Se anche questo tentativo fallisse e rientrasse nel lungo elenco di flop, allora credo che la reazione dell’opinione pubblica sarebbe devastante per la classe politica. Quindi c’è un interesse, anche di bottega, a fare fino in fondo le riforme. Ribadisco che nel Palazzo ci sono molte personalità sinceramente innovatrici e mi auguro proprio che si possa creare una coagulazione delle energie riformatrici di ogni schieramento.
Sul Messaggero di oggi Romano Prodi si schiera a favore del semipresidenzialismo, definendolo la medicina francese per avvicinare i cittadini: vi incoraggia?
Certamente, non è il primo che viene dal centrosinistra. Nei giorni scorsi ci sono state aperture da parte di Renzi e Veltroni. Siamo consapevoli che questa è una battaglia che fino ad ora è stata maggiormente coltivata nel centrodestra, ragion per cui credo che i tempi siano maturi per cercare e trovare quella convergenza su forma di governo e legge elettorale che in qualche modo rappresenti un compromesso alto: che, come tutti i compromessi preveda qualche rinuncia di ogni singolo, ma per ottenere un beneficio comune.
Che tipo di adesione vi aspettate sabato?
Si tratta di un impegno che deve avere la tenuta nel medio-lungo periodo: insomma, dobbiamo raccogliere quante più firme possibile. La strada è lunga, ma riscontro un entusiasmo notevolissimo soprattutto fra i più giovani, i quali si rendono conto che se non ci sarà una svolta nella capacità del sistema di rispondere alle domande che vengono dalla società, il tracollo sarà assicurato e molto rapido. Tutti coloro che hanno ancora voglia di scommettere sull’Italia ci sostengano e manifestino apertamente il loro sì.
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