Epifani a capo della sinistra interna di un Pd che ha evitato la resa dei conti per non pesare sul governo. Legge così il giornalista e scrittore Fabrizio Rondolino nella filigrana dell’assemblea democratica di ieri, che non solo ha sancito il nome del dopo Bersani, ma che potrebbe aprire una fase nuova per il partito: ovvero fare ciò che ha fatto Blair staccando il cordone ombelicale con il sindacato.
Rondolino, lei ha scritto su twitter “onore ai 101 eroi che hanno salvato il partito e le sinistre”. Loro hanno consegnato il Pd a Renzi e Letta?
Faccio una premessa: non credo ai complotti. Però credo che in politica ci siano delle leggi, la principale delle quali è quella di realtà. Tutto il nodo relativo a Bersani è di non aver riconosciuto il 26 febbraio di non aver vinto le elezioni. E aver avviato una politica avventurista: il tentativo di avere a tutti i costi l’incarico, la speranza di erodere qualche consenso a Grillo, e con Prodi la volontà di imporre un capo dello Stato che non aveva la maggioranza in Parlamento. Tutti se la prendono con i franchi tiratori, ma se avessero votato Prodi non sarebbe stato eletto Presidente della Repubblica, in quanto come è noto Scelta civica portava la Cancellieri, mentre i Cinque stelle Rodotà: il fondatore dell’Ulivo non sarebbe comunque passato. L’affondamento sanguinoso di Prodi, al di là del giudizio sulla persona, politicamente è un colpo a Bersani. Infatti quella stessa sera lasciò la segreteria.
Quale rilievo imputargli maggiormente?
L’idea bersaniana socialmente conservatrice, tutta schiacciata su un insediamento tradizionale della sinistra, accompagnata da qualche deriva giustizialista di troppo, di fatto è stata archiviata. È a quel punto che sono venuti fuori gli altri, quelli che mi piace definire riformisti-liberali, Letta e Renzi: anche se bisognerà metterli alla prova se lo saranno davvero. Abbiamo dunque il paradosso di un partito effettivamente in crisi, dato per spacciato praticamente ogni giorno, che però ha almeno due leader di valore e, stando a quanto sostiene Ilvo Diamanti, anche di consenso.
In prospettiva, Epifani rischia di essere più un traghettatore o un Caronte?
La differenza è la destinazione. Ma tanto per cominciare penso che Epifani si candiderà al congresso di ottobre, alla pantomima del traghettatore non credo: bisognerebbe essere un francescano per cascarci. Ma non perché dubiti dell’onestà di Epifani, anche perché la politica ha le sue leggi. Quindi posso immaginare che l’ex segretario della Cgil sarà lo sfidante di Renzi. E quest’ultimo dovrà candidarsi, perché una delle poche cose sensate del piddì è tenere unite la figura di segretario e quella di candidato alla premiership: è così in tutta l’Europa occidentale. Per cui penso che Epifani sarà il capo della sinistra interna.
Nel suo intervento Epifani si è resto protagonista di una primizia assoluta per il Pd: ha ammesso il fallimento di un progetto. È l’inizio, quantomeno, di una nuova fase?
Epifani ha due vantaggi: è stato un socialista, anche se non craxiano. Al di là dei correntismi, è una tradizione più realistica e pragmatica rispetto a quella di noi comunisti. Il secondo è che ha lavorato nel sindacato e, anche se nella Cgil non è sempre stato così, i sindacalisti sono molto concreti e flessibili, perché il loro obiettivo non è cambiare il mondo ma portare a casa un contratto decente. Se Epifani coltiverà queste due virtù che lo differenziano dagli altri dirigenti politici, non potrà che venirne del bene e intendo del bene per il governo: perché è quello il punto vero. Il partito interessa in quanto consente all’esecutivo di stare in piedi. Alla fine saranno le sorti del governo e quindi la capacità di leadership di Letta a incidere sugli esiti futuri.
Nel gioco delle sedie, però, a questo giro resta in piedi Barca…
Lo considero come Civati e la Puppato, uno di quei personaggi un po’ effimeri, mediatici e piuttosto inconsistenti. Poi non so se vorrà fare la sua battaglia o se la farà. Certo, mi pare sia stato un buon ministro, uno dei migliori del governo Monti, nel senso che ha sbloccato un bel po’ di quattrini. Ed è un buon economista, ma come leader politico mi sembra un po’ macchiettistico.
Finiranno per confluire nella Cosa giusta di Vendola?
Credo non se ne andranno. Cos’è meglio, andare a fare i vice di Vendola in un micro partito che non conta nulla, o rimanere a fare l’opposizione interna al Pd, un partito che dispone di ministeri, assessorati e giunte? Sono un convinto bipolarista e penso che i partiti debbano essere due, ognuno ovviamente articolato al proprio interno, non vogliamo certo il pensiero unico.
Il sindaco di Firenze fino ad oggi non ha commesso errori strategici, ma con Epifani al Nazareno e Letta a Palazzo Chigi, che margini restano a Renzi, che all’assemblea ha spuntato solo il coordinamento organizzativo?
Non c’è dubbio che, in prospettiva, Letta più di Epifani sia oggettivamente un anti Renzi e possa metterlo in ombra. Alla investitura collettiva di Epifani Renzi si è adeguato, forse perché in fondo conviene un po’ anche a lui far passare l’estate. E poi, come elemento di saggezza, devo dire che il Pd sapeva che se ieri avesse imboccato la resa dei conti avrebbe scontato una caduta sul governo.
A ottobre Renzi non potrà che candidarsi?
Ma sì, perché per fare il premier devi avere alle spalle un partito. E penso debba sfruttare i due anni (o l’anno e mezzo) del governo Letta per fare ciò che fece Blair e che in Italia nessuno ha mai fatto: staccare il Pd dal cordone ombelicale del sindacato e riplasmarlo come un partito moderno. Delle libertà, degli individui, dei lavoratori e delle nuove professioni.
A meno che non abbia in mente un altro luogo…
Ci ho pensato a lungo, ma non ne sono sicuro, perché Renzi sì che è un politico 2.0: è velocissimo a mutare strategie e si muove molto bene. L’opzione di una cosa nuova c’è sempre, ma credo che al momento la sua strada maestra sia quella che ha sempre confermato: restare nel Pd. Ma è un segno che ieri sia giunto in assemblea prendendo la parola davanti al suo partito che in seguito gli ha attribuito il giusto onore. Non era mai successo.
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