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Fabrizio Barca e la sua tournée pro Pd

Andare lì, dove la ferita è aperta e brucia. Presentarsi, ascoltare e riflettere. Perché, se si evitasse di toccare accuratamente carni vive e idee strozzate, semplicemente si perderebbero le coordinate da cui ripartire: e non si avrebbero gli strumenti idonei a individuare una nuova meta. Ecco spiegata la tournée nazionale dello “sperimentalismo democratico” proposto da Fabrizio Barca nel suo documento pro Pd quando, in uno sforzo intellettuale che non tutti hanno metabolizzato e compreso, ha segnato i punti della ripartenza democratica. E ha scelto le stesse sezioni (deluse) del partito “fuso a freddo” dove la scorsa settimana, quando il governo Letta emetteva i primi vagiti, è andata in scena la protesta della base e di militanti che non hanno compreso la scelta delle larghe intese e lo hanno manifestato con assemblee fiume e presidi in tutto il Paese.

Prima tappa Prato, al circolo San Paolo, per inaugurare una direttrice (in realtà già anticipata nella storica sede romana di via dei Giubbonari) di ascolto, prima che di dialogo. Per registrare il peso specifico di malumori e disagi, per ragionare con franchezza e trasparenza (fino ad oggi mancate, chiedere ai 101 franchi tiratori) in un partito che ha ecceduto in un dialogo fine a se stesso. E che oggi prova quantomeno a recuperare un filo comunicativo diretto con i territori.

Toscana, dalle parti del Pd, fa rima con Renzi e non potrebbe essere altrimenti. Per cui Barca dopo Prato sarà di scena a Firenze, ricevuto dal sindaco rottamatore mentre in serata dialogherà al teatro Puccini con Sergio Staino. Per poi fare rotta a sud, in Calabria, dove l’emorragia di voti e di insoddisfazione non è da meno (Pd-Pdl nella regione di Minniti è finita 23-26%).

Ma il tempo stringe, e i territori soffrono. Si prenda Milano, non proprio una città di provincia qualsiasi, dove ieri fuori dal circolo Arci-Bellezza è stata lanciata l’iniziativa #Open Pd: un gruppo di deputati lombardi, con in testa la trentenne Lia Quartapelle, chiede di discutere di errori e decisioni della segreteria Bersani interpellando i cittadini. Ma il risultato è un flop clamoroso, confrontandosi con una freddezza (forse) inaspettata. Un disinteresse che potrebbe presto ampliarsi a macchia d’olio. E per evitare ciò che da queste colonne l’eurodeputato piddì ed ex sindacalista Sergio Cofferati aveva definito come “l’abbandono silenzioso”.

Con migliaia di elettori e aficionados che, in silenzio, potrebbero scegliere con decisione la strada del distacco irreversibile. Accanto ad un altro rischio concreto, tratteggiato oggi sul Fatto Quotidiano da Mauro Barberis in una lettera aperta a un giovane turco: che “alla fine il Piddì potrebbero non votarlo più né la sinistra né il centro, egualmente disgustati. Non è fantascienza: sta già accadendo nei sondaggi”.

twitter@FDepalo


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