Skip to main content

Letta, Epifani, Chiamparino. I dolori del giovane Civati

Non crede a Sergio Chiamparino “pacificatore” il deputato del Pd Pippo Civati, anima critica del partito e battitore libero. Civati, in una conversazione con Formiche.net, affronta i nodi dei democratici, tra un Guglielmo Epifani immobile e una mancanza di visione che forse si colmerà con il congresso di novembre. E a Beppe Fioroni manda a dire che…

Quali chanche ha Chiamparino di essere la sintesi pacificatrice nel Pd?
Non credo abbia possibilità di incarnare una candidatura pacificatrice. Sarà in alternativa a quella di Epifani che ha già manifestato l’intenzione di fare un passo avanti, oltre ad altri nomi di cui si parla in questi giorni. Tra l’altro è un po’ difficile che un congresso sia pacificatore, l’appuntamento di novembre sarà utile a verificare le posizioni in campo, con gli interpreti più credibili a rappresentarle. Inoltre non ho ben capito chi sia il riferimento di Chiamparino, quali gli schieramenti a lui favorevoli e quali quelli contrari. Mi sembra un panorama tutto in divenire.

Al di là della ledership, i nodi strutturali non mancano. Proviamo a metterli in fila.
Sintetizzerei in governo, partito e obiettivi politici. In primis il rapporto con il governo, dove servirà una lettura del percorso delle ultime settimane. Penso anche a un’idea di partito che andrà rivisitata, in quanto all’origine dei nostri guai c’è sia la conduzione politica, sia quella organizzativa. Infine quale sarà la vocazione futura, perché la sconfitta di Bersani ha in qualche modo azzerato le posizioni di partenza di molti. Ora lo scenario è un po’ cambiato, ma sarà interessante capire come si evolverà la sua natura politica: c’è chi dice più a sinistra, chi più a destra. Personalmente mi fanno sorridere, anche perché la vera questione è legata alla provocazione di Prodi, se il Pd è ancora una casa legata alla visione ulivista con razze diverse e plurali, o se si basa su altri equilibri. Servirà appunto il congresso per stabilirlo con certezza.

Walter Veltroni nel pamphlet “E se noi domani – la sinistra che vorrei” fa un’analisi impietosa sul partito: l’immagine plastica di Prodi che non rinnova la tessera è un segno di rottura o di certificazione di uno status quo immutabile?
É un segno potente di cambiamento anche perché, al di là dell’episodio, è altamente significativo che sia Romano Prodi a denunciare tale disagio: ha un valore ancora più forte. E in qualche misura lo giudico rappresentativo di quegli elettori che si sono detti esterrefatti e che ancora si professano in questi termini.

In termini di simbolismo politico, quei 101 franchi tiratori cosa hanno rappresentato nella storia del Pd?
Credo la necessità di trovare altri 101 deputati che non siano quelli. Non è stato solo un errore, come molti lo hanno rappresentato, ma una scelta politica consumata nell’ombra e nella notte del voto segreto. Per cui ha un valore straordinario: ma più che dal punto di vista moralistico, come coloro che ammoniscono di non tradire la linea del partito, direi da un punto di vista strettamente politico. É passata la linea per cui, anziché proseguire sulla contrapposizione tra due poli, si è scelto il superamento di quella fase e addirittura con riferimenti sbandierati a Moro e Berlinguer. Sono temi di cui mi pare non si occupi più nessuno.

Da queste colonne ieri Beppe Fioroni ha detto che il Pd ha sbagliato ad allearsi con Sel e invece avrebbe dovuto farlo con Casini: come cambiano oggi le vostre prospettive in vista delle elezioni europee del prossimo anno?
La sfortuna delle europee, che però paradossalmente è anche salutare, è quella di essere legate a liste proporzionali classiche. Per cui pensare a Casini mi sembra un’operazione archeologica, non mi pare che il problema vero sia l’alleanza delle passate elezioni di febbraio. Penso che il connubio con Sel non abbia funzionato per mille motivi e non perché Sel non andasse bene: anziché crescere in un “climax” quell’alleanza si è addormentata. E il ruolo stesso dei vendoliani è stato mortificato dal fatto che noi durante tutta la campagna elettorale abbiamo parlato di andare con Monti e non con Casini. Colgo l’occasione quindi per correggere Fioroni, dal momento che l’attualità era incentrata su Monti. Con il rischio di perdere qualche voto, come già ci era accaduto stando al governo con i tecnici. Penso che abbia fatto molta più scena il nostro continuo appellarci al Professore piuttosto che la presenza di Vendola. E’ un argomento un po’fragile quello di Fioroni. Prima di parlare di alleanze, visto che ne stiamo facendo una “all inclusive”, ragioniamo sulla prospettiva delle europee.

Non trova scorretto che a pochi giorni dall’elezione di Epifani, si parli già del prossimo segretario?
Purtroppo nel Pd non mi ascoltano mai. E’ inevitabile che sia così. Io proponevo una figura fuori dalla mischia parlamentare e meno disposta alla possibilità di candidarsi, perché di fatto Epifani sarà in corsa. A questo punto potrei rovesciare l’argomento, visto che i messaggi dei capicorrente giunti fino ad ora sono in totale continuità con ciò che è successo prima. Guardando indietro, gli stessi che si sono menati, ahimè, dopo hanno fatto una scelta che non è un superamento secco, perché se così fosse le contraddizioni sarebbero archiviate. Invece, e lo dico con il massimo rispetto per Epifani, la sua segreteria è uno stare sul posto e non un andare avanti.

twitter@FDepalo


×

Iscriviti alla newsletter