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Porcellinum, Epifani, Berlusconi e Fiat. Il punto di Antonio Polito

L’accordo sulla mini riforma delle legge elettorale certifica la scarsa fiducia reciproca che c’è tra i partiti di governo, osserva l’editorialista del Corriere della Sera Antonio Polito, già senatore e direttore del Riformista. Polito invita a riflettere sulla sostanza del cosiddetto “Porcellinum”, anche alla luce del caos di cui è preda il Pd. E sulla Fiat che sceglie Londra dice che…

Polito, lei ha scritto su twitter: “Non ho capito cosa serve fare due volte la legge elettorale”. Il Porcellinum non le piace?
Non ha molto senso logico procedere con due riforme della legge elettorale nel giro di pochi mesi. Dimostra il livello di scarsa fiducia reciproca che c’è tra i partiti al governo e che l’unica ratio è quella di rendere del tutto inservibile la legge elettorale, con l’impossibilità di tornare alle urne fin quando non ce ne sarà una nuova. Tutti temono che l’arma del Porcellum possa essere usata da un momento all’altro in caso di rottura improvvisa. Per questo dicono di volerla ridurre in mille pezzi così da renderla inutilizzabile, e fintanto che non ci sarà un’altra pistola non si andrà a votare.

Con quali vantaggi?
Da un lato è un modo per il governo di assicurarsi del tempo, dall’altro una dimostrazione di profonda sfiducia reciproca. Detto questo, se è chiara la convenienza politica, altrettanto non lo è la direttrice di marcia. Perché in realtà non si sta riformando la legge elettorale, la si sta disarmando. Alzando o diminuendo il premio di maggioranza, nessuno poi si azzarderebbe a votare con tale sistema. Su una riforma diversa e definitiva non c’è ancora un accordo, in quanto sono tutti profondamente divisi.

Una delle prime voci critiche è stata quella del segretario del Pd, che ha accusato il Porcellinum di favorire l’ingovernabilità: ha ragione?
Sì. Addirittura propone di fare una riforma più ampia, ma nessuno conosce l’esatta posizione del Pd sulla legge elettorale. Per avere più ragione dovrebbe innanzitutto farci conoscere la proposta unitaria del suo partito, e non di questo o di quell’esponente. Formalmente puntano sul doppio turno, ma sostanzialmente la Finocchiaro vorrebbe il Mattarellum e altri chiedono un Porcellum con un premio di maggioranza modificato, cosa che Bersani aveva tentato di fare prima delle urne. Quindi va bene protestare contro la provvisorietà di questo sistema, a patto che si abbia un’idea su quello definitivo.

Da queste colonne Stefano Ceccanti ha richiamato al rischio che si abbia una grossa coalizione permanente: è così?
Finché il premio di maggioranza agisce in quel determinato ambito, produrrà tensioni e imperfezioni. Ma in tutte le leggi elettorali il premio è insito nel sistema, non esplicitato dopo. Non si aggiungono seggi finali a chi ha vinto le elezioni. Piuttosto i voti popolari vengono moltiplicati in modo da accrescere il numero dei seggi. E il risultato finale dipende da quanti di quei voti popolari ci si è aggiudicati. Francese, tedesco, inglese e spagnolo sono sistemi in cui non si vota per stabilire chi arriva primo. Bensì, collegio per collegio, si assegnano i parlamentari. Poi se un partito è bravo e se la legge elettorale è molto efficace, la moltiplicazione produce una maggioranza. In caso contrario non la produrrà. Perfino nel sistema inglese, il sistema più maggioritario al mondo dove vince chi arriva primo e tutti i resti si buttano, è accaduto una volta che non vi fosse la maggioranza. Non si può obbligare l’elettorato a votare qualcuno che sia poi la maggioranza, le leggi elettorali servono a moltiplicare i voti popolari: ma occorre vincere le elezioni.

Restando in casa Pd, i renziani chiedono a Zanda e Finocchiaro di ritirare il ddl sui movimenti: buon senso o voglia di opposizione interna?
Quel ddl è frutto della confusione mentale in cui si trova il Pd. Come per prassi si fa all’inizio di una nuova legislatura, hanno ripresentato un provvedimento di quella passata. Significa che il presidente del gruppo al Senato non ha ragionato sull’effetto politico prodotto oggi in questa situazione.

Berlusconi e Prodi senatori a vita come mossa di pacificazione: ci scommetterebbe?
Non ci credo per molte ragioni, la prima delle quali è che la figura del senatore a vita è stata immaginata per altre funzioni non per premiare dei politici puri come oggi loro sono. Non vedo poi cosa cambi per la posizione processuale di Berlusconi: ricordiamo che Andreotti affrontò il processo per mafia da senatore a vita. Non c’è in questo alcuna forma di guarantigia.

L’attualità, oltre alla politica, ci consegna la decisione di Fiat Industrial di quotarsi a Wall Street e di trasferire la sede legale a Londra: lo choc che serve all’economia italiana?
La lezione che l’Italia, da tempo, avrebbe dovuto apprendere è che perfino i migliori per avere successo devono andare all’estero. Noto che si parla di competitività, ovvero del punto cruciale della nostra crisi da ben quindici anni, ma se ne parla poco, perché distratti da tasse e altro. La nostra competitività sui mercati internazionali è talmente scarsa che perfino chi ce la fa, sceglie di andare via. Anche se bisogna dire che la Fiat di Marchionne ce l’ha fatta grazie al lavoro fatto negli Usa. C’è chi delocalizza le imprese, e chi si quota su mercati finanziari dove la raccolta del risparmio è più forte.

twitter@FDepalo

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