“Scelta civica si è quasi da subito raggomitolata in una sterile difesa del governo Monti. E’ nata male ed è destinata, come direbbe il mio amico Massimo Cacciari, ad andare a compimento” ragiona Sergio Scalpelli, intellettuale, manager e uno dei dirigenti lombardi di Italia Futura. Scalpelli auspica, come scritto questa mattina sul sito di Italia Futura da Luca Cordero di Montezemolo e Nicola Rossi, un cambio di passo dell’associazione.
Come cambierà Italia Futura?
Concordo pienamente con quel corsivo per due ordini di ragioni. C’è assoluto bisogno di un’associazione con un impianto cultural-politico capace di tenere aperta la complessità dei temi rilevanti relativi all’innovazione e alla modernizzazione del sistema Italia. Penso all’infrastruttura politica del Paese e al comparto delle libertà economiche. Sarebbe sciocco ricondurre la natura di queste argomentazioni solo al dibattito strettamente politicizzato. Ciò a maggior ragione in presenza di un governo che ci auguriamo riesca a portare a termine delle riforme, anche se nessuno ne è così certo, per via di intoppi che ne minano quotidianamente la durata. In secondo luogo serve riflettere sul fatto che Scelta Civica è nata male ed è destinata, come direbbe il mio amico Cacciari, ad andare a compimento.
Per questo Italia Futura non intende essere la “corrente” di alcun partito?
Molto semplicemente Scelta civica non è riuscita a svolgere il proprio compito: essere un’operazione elettoralmente spendibile, con un’offerta politica dall’impianto chiaramente liberal-democratico, quindi altamente competitiva verso il centrodestra. Tant’è che ne è stata sostanzialmente schiacciata, anche indipendentemente dalle qualità di comunicazione e di propaganda di Berlusconi.
Quale il maggior errore di Scelta Civica?
Si è quasi da subito raggomitolata in una sterile difesa del governo Monti, senza capire di dover rappresentare invece la speranza per quei sei milioni di elettori del Pdl che hanno scelto di restare a casa, o che in qualche caso hanno preferito il voto grillino. Per cui occorre riprendersi la libertà di movimento affinché IF si metta nelle condizioni di parlare a quel mondo importante, elettoralmente sottorappresentato, ma che in buona parte si è ritrovato in Scelta civica o in Fermare il declino o nel Pdl. Si tratta di un mondo che, anche molto in profondità, tocca buona parte del settore riformista del Pd: penso a chi è stato in prima fila nella battaglia delle primarie pro Renzi. Questo è un Paese che non ha quasi più nulla da perdere, per cui se si intende impiantare un’operazione coraggiosa lo si può fare solo partendo dal binomio innovazione del sistema politico, con un’impronta presidenziale e legge elettorale uninominale, e libertà economiche, orientate alla competizione e al mercato.
Il neo presidente di Fermare il declino, Michele Boldrin, immagina un rassemblement di forze liberali e riformatrici: è un orizzonte perseguibile?
Certo, ma non so dire adesso se Boldrin ci riuscirà e che dinamica potrà imboccare Fare che, al di là degli incidenti di percorso, a un certo punto ha accusato un problema: apparire come una forza di integralismo liberista. Che non vuol dire sminuire la battaglia per le liberalizzazioni, quanto aver alzato un recinto che impediva di fatto un allargamento di quelle istanze che, in parte, sono relativamente eterogenee. Mi incuriosisce il progetto di Boldrin e mi auguro che possa andare in porto. Conoscendo bene Nicola Rossi, credo che l’editoriale di Italia Futura sia stato tarato esattamente in questa prospettiva.
Considera soddisfacente il programma di Letta per i primi cento giorni?
Manca un accenno all’Irap e non capisco perché Pd e Pdl non facciano subito un tavolo comune per discuterne. E’ evidente che una grande operazione fiscale è possibile solo se si diminuisce il carico fiscale alle imprese. In quel modo si aprirebbe il mercato del lavoro assumendo giovani lavoratori a costi sopportabili: è un passaggio talmente evidente… Non so quali vincoli abbia il premier, ma mi sembra un classico tema su cui il centrodestra non può essere in disaccordo. E credo non dovrebbe discostarsene anche una sinistra di stampo socialdemocratico. Così facendo si centrerebbe un altro obiettivo strategico per il Paese: saper attrarre investimenti internazionali.
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