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Letta e Alfano litigano in Abbazia? Bene, purché…

La 24 ore in abbazia non è e non può essere una gitarella per mostrare i volti sorridenti dei ministri. Nè può essere il bis dei meeting ulivisti che tanta sfortuna hanno portato. Pazienza se non c’è, come reclama Mussi, un personaggio come Umberto Eco (che c’azzecca?).

Letta e Alfano sono arrivati in forma non raggiante e i rispettivi portavoce non hanno dissimulato la tensione iniziale. Bene così. Meglio scontri veri che paci finte.

Il governo dei giovani Enrico e Angelino nasce in una condizione che più drammatica non si può: il Pd rischia l’estinzione anticipata e il Pdl le manette per il suo leader. Tutto questo solo a cornice di un quadro disperante e disperato del Paese che sta soffrendo una crisi lunga venti, forse quaranta, anni. 

La ricetta suggerita (imposta) dal Napolitano bis è lavorare insieme, come con l’esecutivo dei tecnici di Mario Monti, ma senza interposta persona, mettendoci la faccia. Poiché la sfida non era sufficientemente complessa si è voluto costruire un Consiglio dei ministri formato da personalità politiche non mature sul piano anagrafico e in grandissima parte alla prima esperienza al governo.

In un mare tempestoso si è lanciata una imbarcazione dalla struttura leggera ma con un fardello pesantissimo. Riuscirà a non farsi inghiottire negli abissi? Quelli che invocano il naufragio sono tanti, nella stessa maggioranza e sia nel Pd che nel Pdl. Ci sono nel Paese personaggi infatti che antepongono la propria rendita di posizione all’interesse generale, ignorando che comunque vada per loro la storia ha un destino già segnato.

Tutta da scrivere è invece la storia del governo Letta-Alfano. Vedersi in abbazia è stato un buon segnale, difficoltà incluse. Le turbolenze sono notevoli e non diminuiranno, anzi.

I due (vice) leader devono imparare a fare i conti con una realtà scomoda ma soprattutto devono, insieme, trovare la forza di guardare oltre l’ombelico dei rispettivi partiti.

L’Italia attende sapere cosa sarà delle loro tasse ma soprattutto sono interessati a capire se c’è una speranza. La ripresa economica non è uno stato d’animo ma altrettanto evidentemente si può affermare che uno dei principali fattori per decidere se e quanto investire deriva proprio dal sentimento di fiducia.

I ministri di questo governo devono lavorare come una sola squadra e parlarsi, anche scontrarsi, è utilissimo se serve ad avvicinare ad una sintesi virtuosa. Di certo, non servono a nulla le sfilate che hanno accompagnato la seconda Repubblica verso una non invidiabile collezione di flop.

Cari Enrico e Angelino, siate forti e fermi ma non rigidi.

Il Paese ha bisogno di un vostro successo.

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