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Papa Francesco, le false teorie sul suo pensiero economico

Che Papa Francesco abbia una grande passione per l’economia non è certamente una notizia. Oltre il nome che ha scelto, dai primi interventi pubblici si è capito subito che il tema della povertà, l’attenzione per gli umili e la tensione per la sobrietà del comportamento sarebbero stati l’argomento centrale del suo magistero. Tutto, nondimeno, sembra allontanarlo dal cliché che i media gli hanno cucito addosso di “Papa progressista e terzomondista”. In tal senso, particolarmente eloquente è stato il discorso che ha pronunciato giovedì scorso ai nuovi ambasciatori accreditati presso la Santa Sede. Riferendosi, infatti, a rappresentanti diplomatici di Paesi disomogenei per livello sociale e prestanza economica, il suo pensiero ha potuto seguire con naturalezza una traiettoria nitida e bilanciata.

La prima constatazione è stata che la prosperità diminuisce ovunque nel mondo, sebbene si faccia sentire con gravità maggiore laddove maggiore è l’indigenza. A tener uniti tutti i popoli ormai è la paura, la disperazione, l’aumento della violenza e dell’indecenza. Perché lottare per vivere porta fatalmente a perdere la dignità.

Ma qual è la causa reale che produce il volto disumano di questa imponente crisi finanziaria? La risposta del Papa è netta: “La negazione del primato dell’uomo!”. Vale a dire, in sostanza, che non è stata la ricchezza in sé a creare la falla del sistema globale. E per questo non sarà certo il diffondersi della povertà a eliminarla. Il vero danno è stato, piuttosto, il consumo eccessivo che ha strozzato il lavoro e la produttività. “Un bene di consumo – ha precisato il Papa – si può usare e poi gettare”; e quando l’economia punta solo a creare esigenze, l’indebitamento e il credito si staccano dal potere d’acquisto reale, travolgendo la società e convertendo altri uomini in mezzi al servizio della corruzione e dell’egoismo.

Il risultato è, dunque, che per alcuni la volontà di potenza e di possesso diventa dipendenza da obiettivi di benessere irraggiungibili e per altri mancanza perfino del necessario per esistere. Perciò la crisi attuale diviene essenzialmente una crisi etica, dove il mercato non riesce più a creare la giusta distribuzione di ricchezza che normalmente si ottiene con l’autoregolamentazione di domanda e offerta.

Secondo Francesco, insomma, solo l’etica può ridare equilibrio. L’etica, appunto, e non l’ideologia. Infatti, qualsiasi soppressione della libertà, bene umano fondamentale, per inseguire strategie neo marxiste di livellamento della produttività e dei consumi sarebbe sbagliata. Giacché un buon sistema economico per funzionare non ha bisogno di regole soffocanti, ma di una cultura umana che consideri ogni persona un valore assoluto e i beni materiali mezzi da scambiare per vivere.
Il Papa ci ricorda, in conclusione, che il denaro serve unicamente per governare la società. E cittadini poveri e ricchi hanno bisogno della stessa libertà per fare il bene comune e praticare la giustizia.


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