“La realtà si capisce meglio non dal centro, ma dalle periferie”, ha detto stamattina Papa Francesco visitando la parrocchia dei santi Zaccaria ed Elisabetta a Prima Porta, periferia nord di Roma. E’ stata la prima visita di Bergoglio a una parrocchia romana, considerato che la chiesa di Sant’Anna, dove celebrò la messa pochi giorni dopo l’elezione, fa parte del Vaticano.
Primo nucleo della vita cristiana
Periferia e parrocchie sono elementi su cui il Papa insiste fin dal giorno della chiamata al Soglio di Pietro. La parrocchia, nell’ottica del gesuita argentino, è il primo nucleo della cristianità, quello che consente alla comunità di riunirsi per condividere la fede. E’ l’ancoraggio territoriale che permette all’uomo di vivere la propria cristianità dall’inizio della vita (con il battesimo) alla morte. Ecco perché tanto ha insistito il Pontefice sulla preparazione del sacerdote, chiamato a essere pastore continuamente “con l’odore delle pecore”, stando sempre accanto al proprio gregge e non a chiudersi in canonica. Il prete deve sperimentare continuamente la sua unzione e non essere triste.
Perché se viene a mancare il punto di riferimento della parrocchia, la comunità ne risente. Lo ha detto Francesco nella solenne messa del Crisma che ha aperto l’ultima settimana santa e lo ha ribadito altre volte, anche nelle udienze con i vescovi giunti a Roma in visita “ad limina apostolorum” (gli incontri quinquennali tra il Pontefice e l’episcopato mondiale).
Bastioni contro la secolarizzazione
Nessuna contrapposizione con i movimenti, però. Solo una distinzione (chiara) di ruoli, come ha ricordato lo stesso Papa nel corso della veglia del 18 maggio in piazza san Pietro con i movimenti e le comunità ecclesiali giunte a Roma da tutto il mondo. “State vicini sempre ai vostri sacerdoti”, ha ribadito oggi Bergoglio a Prima Porta, consapevole che se cadono le periferie, i bastioni ultimi della fede, poi sarà arduo anche per il centro resistere alla secolarizzazione che procede a grandi passi. Ecco perché il Papa parla di “sentinelle”, “guardiani” chiamati a conservare e far crescere il più possibile le piccole comunità parrocchiali.
Le porte siano sempre aperte
Proprio per questo è fondamentale far sì che “quanti si avvicinano alla chiesa trovino le porte aperte e non controllori della fede”, ha detto sabato mattina nella consueta messa a Santa Marta. “Pensiamo ai cristiani buoni, con buona volontà. Poi pensiamo al segretario della parrocchia. Bene, arrivano due fidanzati che vogliono sposarsi. E invece di dire ‘che bello’, il segretario dice: ‘Ah benissimo, accomodatevi. Se volete la messa, sappiate che costa tanto. Avete il certificato di Battesimo? Allora tutto a posto’. Ecco, questo vuol dire trovarsi una porta chiusa. Troppe volte siamo controllori della fede, anziché facilitatori della fede”.
Il tormento di non poter frequentare la parrocchia
Francesco vorrebbe essere il primo a vivere la parrocchia, a frequentarla, a incontrare i fedeli. Lui, vescovo tra i vescovi che quand’era in Argentina settimanalmente usciva dal piccolo appartamento accanto alla cattedrale di Buenos Aires per andare a confessare. Il non poterlo fare a Roma lo tormenta. Lo ha detto lui stesso, parlando a braccio, durante la veglia di Pentecoste: “Io vorrei confessare, ancora non ho potuto farlo. Uscire da qui è complicato, un problema”. E dicendo ciò, scrutava via della Conciliazione, immediatamente al di là del confine tra Vaticano e Italia.