“L’intuizione in sé è buona”, rileva Giovanni Sabbatucci, ordinario di Storia Contemporanea alla Sapienza di Roma ed editorialista del Messaggero, sull’accordo di maggioranza per riformare il Porcellum. Ma, aggiunge, è il risultato finale ad essere poco incoraggiante per via della miriade di variabili che sono sul campo e che non garantiscono la governabilità in quanto aprono al rischio di una grande coalizione permanente.
Il Porcellinum è più una mossa di immagine o la dimostrazione del governo di essere pronto al voto in qualsiasi momento?
Il fine è quello di essere pronti, nel senso di avere una legge che possa funzionare già da subito. Un’intuizione tutto sommato buona e giustificabile, in quanto siamo all’inizio di una legislatura che potrebbe finire molto presto. In sé l’intuizione non è cattiva, è la soluzione a non essere buona per niente.
Quali i punti critici?
Quella di trovare una legge che possa andar bene non è solo un’ipotesi di scuola. La decisione minimale che prevede di togliere solo il premio di maggioranza produce effetti tutt’altro che positivi. Al momento nessuno potrebbe aspirare al premio di maggioranza semplicemente perché nessuno arriverebbe al 40% dei voti.
Quale soluzione allora?
Solo il proporzionale puro. Ma aggravato dal fatto che rimarrebbero in piedi anche le liste bloccate: vorrebbe dire una sorta di neopartitocrazia in cui sarebbero ancora i vertici dei partiti a decidere tutto, Parlamento e Governo. Perché, a quel punto, nessuna forza politica sarebbe in grado di governare da sola. Non dico che sia meglio l’attuale Porcellum, ma la soluzione proposta migliorerebbe francamente poco.
È la scelta più saggia?
No, magari si sarebbe potuto tornare alla legge precedente, ma anche quella prevede una serie di inconvenienti e di incognite. Però forse sarebbe stata la cosa più logica.
Perché non procedere direttamente a una riforma in chiave presidenzialista?
Per due motivi. Il primo è che i tempi, per quanto si possa stringerli essendo una riforma costituzionale che necessita della doppia lettura, sono sempre abbastanza lunghi. Non è detto che gli equilibri politici tengano per il tempo necessario: questa è la ragione principale. In secondo luogo perché soprattutto nel centrosinistra non c’è concordia su questa ipotesi.
Troppo forti le differenze nel Pd?
Ci sono i difensori ad oltranza del sistema parlamentare, quelli che temono chissà quali derive autoritarie. E penso che sbaglino. Per quanto del semipresidenzialismo si parlasse già da tempo, addirittura nella vecchia Bicamerale dove si era arrivati a formulare il progetto Salvi, ancora oggi vi sono forti divisioni: è sufficiente leggere quanto scrivono Zagrebelsky o Rodotà.
Stefano Ceccanti ha richiamato all’esigenza di avere almeno un spareggio tra i due primi classificati: un “minimo” su cui discutere?
Il problema è che il cosiddetto Porcellinum altro non è che l’attuale legge amputata dell’abnorme premio di maggioranza senza quorum. Nella situazione di oggi, con tre forze in campo, si correrebbe il rischio di una grossa coalizione permanente. Già adesso, con la mancata maggioranza al Senato, abbiamo dovuto digerire una grande coalizione forzata. Se si votasse oggi avremmo un proporzionale che più proporzionale non si può.
Brunetta trionfalmente commenta: “Abbiamo un accordo per modifiche minime”. Di fatto festeggia solo Berlusconi?
Un accordo al momento c’è solo sul fatto che si debba fare qualche modifica per non andare al voto con questa legge così com’è. Quanto a Berlusconi, gli vanno certamente bene le piccole modifiche ma al limite gradirebbe anche rimanere con il sistema attuale. Per cui può permettersi di giocare di rimessa, perché è quello che rischia meno in questo momento.
Allo stato delle cose prevede dunque una vita breve per il governissimo?
In parte sì. Però non dimentichiamo che quando Letta lega la vita dell’esecutivo alla messa in cantiere delle riforme, ricorda solo quanto detto nel suo discorso alle Camere. Il governo non ha una solidità tale da garantire che ci siano i tempi per portare a termine il tutto. Potrebbe cadere, anche a prescindere dalle riforme costituzionali. Ma ci sono troppe incognite in questo quadro.
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