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Renzi, il cattolicesimo politico e i farisei

Matteo Renzi, giovane esponente del PD, in occasione dell’elezione del Capo dello Stato ebbe a dichiarare a proposito della candidatura di Franco Marini, fondatore dello stesso partito :“Non accetto che il Vangelo e il Cristianesimo diventino il mezzo per chiedere posti in politica. I politici cattolici in Italia fedeli a una divisione tra correnti fanno gli scambi: un cattolico al Quirinale e uno di sinistra a Palazzo Chigi “. Sono le parole del sindaco fiorentino a “Repubblica”. Giudizio approssimativo, per le argomentazioni e per quanto attiene soprattutto alla funzione della fede nella formazione della coscienza politica. Ricordando il non sempre apprezzato “Primato” di V. Gioberti, la  “Grande preghiera per l’Italia e con l’Italia” di Giovanni Paolo II del marzo 1994 e l’appello del 2008 di Benedetto XVI ai giovani, per un nuovo impegno dei cattolici in politica si rileva un continuum che si intreccia con la vicenda politica del nostro Paese. Il giovane sindaco non sa che prima dell’Unità d’Italia esistevano già due fattori unificanti molto forti: la cattolicità e la lingua. Statisti di diversa estrazione, non a caso, nel XIX, XX e XXI sec. alternatisi nel governo dell’Italia, hanno sempre considerato la presenza cattolica elemento caratterizzante della cultura e della politica nazionale, al punto da non prescinderne anche in tempi di relativismo, culturale ed etico. Benito Mussolini, a costo di fratture e polemiche riuscì a sottoscrivere con la Chiesa romana i Patti Lateranensi, momento storico di conciliazione dopo Porta Pia. Palmiro Togliatti, leader comunista, accolse l’appello di De Gasperi e della DC perché venissero inseriti in Costituzione  i Patti sottoscritti dal Duce nel febbraio 1929. Lo stesso Togliatti, intelligente e acuto capo comunista, ci fa dono indirettamente di un ricordo preciso a proposito del rapporto tra fede cattolica e politica. La segretaria russa, Nina Bocenina, nelle sue memorie ricorda che nel dicembre 1943 si trovavano insieme a Mosca all’Hotel Lux e discutevano dell’organizzazione della Chiesa cattolica in Italia e dei caratteri della fede. La Bocenina, mentre ci si addentrava in tali problematiche, iniziava a sentirsi disorientata, non avendo sufficienti cognizioni in merito, fino a domandare a Ercoli (Togliatti) quando sarebbero finite simili sciocchezze, al che Togliatti rispose arrabbiato che non lo erano affatto, e le spiegò: “Non sono sciocchezze, cara compagna Nina! Il cattolicesimo in Italia non è semplicemente la Chiesa. E’ un modo di pensare, è un complesso intreccio tra la storia e la politica, tra la cultura e la filosofia. Chi non è capace di discutere alla pari con gli attivisti cattolici può essere paragonato ad un agente dei servizi segreti che va nelle retrovie del nemico senza conoscere la sua lingua e il suo regolamento” (-G. Rumi: Gioberti-). Quanto riportato dal compianto Prof. Rumi chiarisce in modo lucido il perché si continua a parlare di cattolicesimo politico in Italia, nonostante l’irrilevanza di comodo che tanti farisei gli vogliono assegnare. Capito, Renzi?


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