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Smartphone e tablet? Parigi pensa di tassarli per finanziare la cultura

Un terremoto culturale, mediatico ed economico: tassare gli smartphone e i tablet per finanziare la cultura. L’idea di Pierre Lescure, appena svelata, già fa discutere la Francia. Oggi, il giornalista e uomo d’affari francese, chiamato a presiedere la commissione incaricata di reperire i mezzi per finanziare la cultura, consegnerà il suo rapporto al presidente francese François Hollande.

La tassa su smartphone e tablet

Due le proposte più significative, tra le ottanta contenute nel rapporto: “La commissione Lescure propone un big bang nel circuito di finanziamento della cultura, includendo de facto i grandi protagonisti di internet. Come? Tassando gli smartphone e i tablet di cui Apple, Google e Amazon sono i principali fabbricanti”, anticipa Le Figaro. L’idea parte dalla riflessione che i consumatori sono restii a spendere 9 euro per scaricare un album di musica ma non esitano a spendere oltre 400 euro per un tablet o 700 per uno smartphone, prezzi sufficientemente elevati perché una tassa “non freni gli ardori dei consumatori”.

Facilitare il download legale

La seconda misura consiste nel facilitare le offerte “legali” di download, semplificando l’iter d passaggi sui vari media, che impone che un film sia disponibile prima al cinema, poi in televisione a pagamento e infine alla televisione gratuita. Dato che il finanziamento arriverà dai terminali i film potrebbero essere disponibili più rapidamente su tutte le piattaforme numeriche ed essere così scaricati legalmente.

La spiegazione del ministro alla Cultura

Il ministro della Cultura francese, Aurélie Filippetti, in un’intervista di qualche mese fa al Corriere, aveva già sostenuto l’attualità dell’”eccezione culturale”: “Sono convinta che lo Stato debba intervenire per sostenere la creazione. Non è vero che i prodotti culturali sono come gli altri. Le leggi del mercato hanno difficoltà a funzionare in generale, come si vede, figurarsi nella cultura”. Filippetti sosteneva il principio che “chi fa profitti distribuendo i contenuti (come Google, Apple o Amazon, ndr) deve contribuire a finanziarne la creazione”. Quel principio viene ora applicato anche a chi fabbrica gli apparecchi (telefonini e tablet) che servono per godere di quei contenuti.



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