La condanna a sette anni e l’interdizione perpetua dai pubblici uffici per concussione e prostituzione minorile di Silvio Berlusconi nell’ambito del processo Ruby rappresenta un sogno che si avvera per gran parte della sinistra italiana.
Una sentenza che potrebbe consentire, come per magia, di “liberarsi” politicamente dell’ex premier senza passare dalle urne, dopo anni in cui il centrosinistra è stato sonoramente sconfitto dal responso popolare.
L’entusiasmo per questa sentenza è dunque comprensibile, soprattutto in alcuni settori della sinistra radicale (e del Pd), che hanno sempre considerato Berlusconi come “fumo negli occhi”.
Non bisogna però incappare nell’errore di considerarla una vittoria o, peggio ancora, di esultare per l’abbattimento giudiziario di un proprio avversario politico, tanto più se estromesso dalla vita pubblica da una decisione presa in un’aula di Tribunale.
Se la democrazia ha un valore, questo risiede sì nel rispetto delle sentenze, ma anche e soprattutto nel rispetto di chi, eletto dal popolo, chiede solo un processo equo che – in attesa dell’ultimo grado di giudizio – è ancora lungi dal terminare.
A non volere il linciaggio mediatico di Berlusconi a sinistra, come prevedibile, ci sono per ora solo i renziani, che chiedono che “l’ex presidente del Consiglio sia condannato dagli elettori e non dai verdetti”.
Ma se il garantismo avrà fatto scuola anche nel resto del Pd, lo scopriremo presto.