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Ci vorrebbe il casus belli

Ultimo giro di valzer e, finalmente, anche le lobby approdano in Consiglio dei Ministri. Secondo alcune fonti di stampa sarà già il prossimo (Qui il lancio dell’agenzia Public Policy).

Prendiamo la notizia per buona anche se ormai un Consiglio prima o uno dopo non fanno la differenza. Le cose importanti sono altre tre:

 La prima ovviamente è il testo. Non se ne sa ancora molto. E però per quanto gelosamente possa essere custodito nelle mani (più di due) che ci hanno lavorato le indiscrezioni trapelano. Un po’ perché le piste false sono state debellate (leggi Qui). E un po’ perché i punti di partenza sono oramai noti a tutti, né c’è motivo di tenerli segreti: si tratta del testo licenziato a suo tempo dal gruppo di lavoro di Vedrò (a proposito, quest’anno l’happening estivo alla centrale Fieg non si farà, la notizia ufficiosa era nota già da qualche settimana, quella ufficiale è arrivata solo pochi giorni fa – leggi Qui) e del registr(in)o del Ministero dell’agricoltura  (“ino” non tanto per demeriti, ma per dimensioni di applicazione).

Vedrete comunque che qualche dettaglio del testo verrà fuori sicuramente. Anche se, con buona probabilità, arriveremo fino alla fine senza conoscere tutto il testo. Purtroppo (e qui parla il giornalista) non aiuta il fatto che quella delle lobby sarà pure materia affascinante, ma non è che sia proprio la prima delle priorità nell’agenda istituzionale (anzi, a dirla tutta interessa una platea piuttosto striminzita). Nè aiuta il fatto (e parla sempre il giornalista) che le mani che hanno lavorato al testo sono sì più di due, ma non così tante di più. E, com’è noto, meno persone fanno una cosa, meno fonti disposte a parlare ci sono.

– E qui arriviamo al secondo punto: quanta e quale originalità aspettarsi dal testo? Così, a caldo, ci sono almeno 4 punti cruciali. Nell’ordine:

1) Il primo è quello sulla obbligatorietà del registro, che peraltro ha già prodotto qualche frattura nella categoria dei lobbisti (ne parlo Qui).

2) Il secondo è il regime di incompatibilità. Punto dolente, dolentissimo, di questo Paese, dove si tende a giustificare sempre, e troppo, il passaggio inter-istituzionale selvaggio. Ma siamo sicuri che un testo sulle lobby sia la sede giusta per mettere mano al problema?

3) Il terzo riguarda la formazione professionale. E’ un profilo molto delicato perché rischia di sforare i confini del DDL, ed è per questo che probabilmente il testo di legge non lo approfondirà troppo.

4) Il quarto – e ultimo – riguarda il possibile ripiego su soluzioni di comodo. In altre parole: la trasposizione a livello generale del regolamento del Ministero dell’Agricoltura. Soluzione che non incontra il favore di tutti. Giuseppe Mazzei, il Presidente del Chiostro, ieri è stato molto chiaro: “consideriamo l’estensione del modello Agricoltura soluzione di ripiego“. A proposito, ma quanti di voi hanno letto il testo del ministero che, ovviamente, è pubblico? Se vi interessa lo trovate Qui.

Terzo punto: i tempi. Si dice che, in caso di impaludamento del testo, il governo potrebbe ricorrere allo strumento del decreto legge. La trovo un’ipotesi di fantasia, per 2 motivi. Anzitutto perché non sono ancora arrivati segnali negativi da Montecitorio. Anzi, ancora ieri Pino Pisicchio parlava di calendarizzazione rapida e il Partto socialista, che ha bruciato tutti sul tempo depositando a maggio la prima proposta della legislatura, ha fissato per l’11 la conferenza stampa di presentazione. E poi perché giustificare i motivi di necessità e urgenza di un decreto legge è sempre questione molto delicata. Un decreto legge interviene da subito. Ve lo immaginate voi un sistema così complesso che va a regime in pochi giorni? Io no.

Certo, ci vorrebbe il casus belli. Uno di quegli scandali cicciotti che mettono tutti in agitazione, ti regalano le prime pagine e i notiziari tv, e danno al governo la possibilità di far dimenticare a tutti che (da più di un decennio ormai) il Parlamento è ostaggio dell’uso esasperato della decretazione d’urgenza (andatevi a leggere le statistiche – educenti – di Openpolis). Ma qui il casus belli latita. Il massimo che sono riuscito a trovare è la notizia che Italo Bocchino è diventato capo delle relazioni istituzionali del gruppo Romeo. Non proprio uno scandalo. Nemmeno scandaletto. “Scendiletto”, forse.


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