“L’errore dell’Italia? Uscire dalla procedura di infrazione, avremmo dovuto copiare Francia, Spagna e Olanda”, riflette l’ex sottosegretario all’economia Gianfranco Polillo commentando il report di Mediobanca Securities. E sottolinea che se fino ad oggi “abbiamo ragionato sempre a margine, da adesso in poi servirà affrontare i fondamentali, partendo da quei sei punti che ci ha prescritto l’Europa”.
Antonio Guglielmi, in un report di Mediobanca Securities, certifica: possibile default italiano nei prossimi sei mesi. La politica nicchia?
A questi annunci catastrofici non credo. Nei prossimi sei mesi avremo delle difficoltà, perché tutto lascia intravedere lo scoppio della bolla speculativa, creatasi a seguito della grande liquidità alimentata sia dagli Stati Uniti che dal Giappone. Da qui a parlare di rischio default mi sembra eccessivo.
Ottimista su che basi?
Beh, intanto la maggior parte dei titoli italiani è in mano a italiani e solo una percentuale molto bassa all’estero. Piuttosto vedo difficoltà serie nei prossimi anni, quando scatterà in Italia la cosiddetta regola del debito.
Una spada di Damocle pronta a cadere sulla nostra testa?
Dal 2016 dovremo iniziare ad abbattere il debito di un ventesimo l’anno, secondo una formula molto complicata ideata dalla Commissione Europea. Ho condotto alcune simulazioni di ciò che potrà accadere: avremo nel medio periodo la necessità di abbattere uno o due punti l’anno, che in verità non è una cifra impossibile. Avremo invece uno start up molto forte attorno a cinque punti percentuali: ecco la vera preoccupazione.
Come evitare di giungere impreparati a quell’appuntamento?
Dovremmo nel frattempo attrezzarci per mettere in moto sin da adesso misure di carattere straordinario, in grado di facilitare quel traguardo. L’importante, però, è cominciare subito ma su questo vedo totale ristagno e indifferenza da parte delle forze politiche.
Ad esempio il “Decreto del fare” non è la cura più adeguata?
Più che del fare, lo vedo come un decreto di ordinaria manutenzione. Del resto è conseguenza del fatto che non vi sono risorse per un intervento più sostanzioso. Personalmente penso che un altro sia stato l’errore italiano.
Quale?
Uscire dalla procedura di infrazione. Avremmo dovuto copiare Francia, Spagna , Portogallo, Slovenia e Olanda: chiedere una proroga. Tra l’altro l’Europa non ci ha nemmeno scontato l’evento eccezionale rappresentato dal terremoto emiliano che, in base al Trattato europeo, non potrebbe rientrare in quel 3%.
Quindi come individuare le priorità economiche imprescindibili?
Fino ad oggi abbiamo ragionato sempre a margine, individuando quelle poche risorse che ci davano fiato, anche attraverso operazioni di maquillage. Abbiamo perso di vista i fondamentali della situazione italiana, che invece dovremmo affrontare e rovesciare tenendo conto delle raccomandazioni europee che rappresentano un valido strumento. Dei sei punti che ci ha veicolato la Commissione europea, cinque riguardano uno choc sull’economia reale: flessibilità del mercato del lavoro, riduzione del perimetro della Pubblica Amministrazione, aumento della produttività, liberalizzazioni e attenzione al debito pubblico. Mentre il primo punto si riferiva al rispetto dei parametri di Maastricht, che rappresenta un elemento di contraddizione.
Nel merito?
Perché tali riforme di natura strutturale necessitano di risorse per essere gestite. Tanto è vero che nel 2003, quando Schroeder fece lo choc dell’economia, determinando quelle riforme di struttura che consentono oggi a Berlino di avere un surplus di pagamenti da sette punti di Pil, – eccezionale ma anche sconvolgente per gli equilibri finanziari europei – la Germania andò fuori dal patto. Per cui se non fossimo usciti dalla procedura, anzi avessimo ottenuto una proroga e nel frattempo avessimo condotto in porto le riforme, i pericoli che vede Mediobanca si sarebbero molto attenuati.
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