In principio erano un gruppo assortito e diversificato. C’era il pasionario gattopardesco convinto che tutto girasse attorno alla giustizia, quella che con gli occhialini alla Rottermaier pensava di gestire la politica 2.0 con gli strumenti del vecchio scontro tra rossi e neri nella Capitale ma con una nuova veste post ideologica (solo di forma, però). E chi, comodamente accucciato sotto l’ombrello dello slogan “che fai mi cacci”, pensava di aver vinto un super life. E invece ben prima dello tsunami elettorale dello scorso febbraio, che ha visto i finiani scomparire dalla cartina politica del paese, c’erano state precise scosse che avrebbero fatto intendere il terremoto che di lì a poco si sarebbe verificato. Oggi qualcuno di quei protagonisti, che un politico navigato scuola Dc definisce a mezzavoce “incapaci finanche a sedere nel Cda della bocciofila”, prova a riannodare fili (diversi) di un gomitolo un tempo comune. E lo fa spingendo ancora una volta l’acceleratore verso le direzioni più disparate.
Svolta green
Dopo la svolta di Fiuggi, ma soprattutto dopo quella che voleva un pezzo del mondo di Fli in qualche modo contiguo a Idv e magistratura, con il comprensibile smarrimento della base, Fabio Granata ci riprova: e si tinge di green. É stata infatti battezzata ieri la nuova sigla ambientalista italiana con Roberto Della Seta, nella consapevolezza che, pur venendo da mondi diversi, un punto di contatto comune sia nella salvaguardia dei temi ambientali e delle politiche green. Ed ecco il battesimo di Green Italia nel suggestivo scenario del Maxxi di Roma per “mettere l’ecologia nel cuore della politica, offrire agli elettori italiani un’altra scelta da quelle oggi disponibili: la scelta di un progetto politico fondato sull’idea di un ‘green new deal’ per l’Italia”. Una partecipazione trasversale che vede mescolati rappresentanti dell’imprenditoria verde e dell’associazionismo, e persone con radici politiche assai diverse come appunto il finiano Fabio Granata, che in verità il 28 febbraio scorso aveva confidato a molti di voler tornarsene a svolgere la professione forense nella sua Sicilia.
Costituente
L’unico, forse, di quel mondo che per i bookmakers sta tentando un’operazione più credibile è il triestino Roberto Menia, reggente di Fli, ma che secondo alcuni rumors starebbe immaginando un percorso innovativo nella direzione di un cartello comune di forze destrose, nazionali e liberali. Nella consapevolezza che non sarà con altre piroette e brusche sterzate che si riuscirà ad essere di nuovo credibili di fronte agli elettori (che in verità sono stati spietati con Fini & Co) dopo l’accozzaglia di leaderini e valvassori di ogni sorta che si atteggiavano da statisti e mega direttori. Pare che Menia stia già lavorando ad un evento a metà strada tra un simposio storico e una tavola rotonda che dialoghi con altri mondi, come i liberali di Fare per Fermare il declino e pezzi di Italia futura. Al fine di stilare un manifesto di iniziative concrete (liberali ma soprattutto utili) in quelli che saranno “otto chiodi da fissare nella bacheca di ogni cittadino”.
Fine di un mondo?
La bontà delle due operazioni sarà ovviamente pesata dal riscontro elettorale (appuntamento al giugno 2014 per le europee, quindi) ma soprattutto dal tasso di credibilità che trasuderà da discorsi e lanci di agenzia. Perché, come rammenta sempre quel vecchio politico navigato di scuola Dc, non si può fare politica con “i primi che capitano”, come invece purtroppo buona parte del mondo post Fiuggi è stato.
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