In Italia la spesa farmaceutica pubblica è inferiore, in termini procapite, del 26% rispetto agli altri grandi Paesi europei. Ma le imprese del farmaco non chiedono sconti ma un contesto favorevole al mantenimento dei molti investimenti e la possibilità di attrarne altri.
Qualche numero
Il settore farmaceutico investe in Italia ogni anno 1,2 miliardi di euro in Ricerca e Sviluppo, ovvero il 12% degli investimenti totali dell’industria manifatturiera e ha una intensità di R&S (in termini di addetti e investimenti) che è 5 volte superiore alla media; esso è inoltre il settore con la più alta quota di imprese che svolgono attività innovativa (81%), dato per il quale l’Italia è seconda in Europa solo alla Germania.
Ma innovare è un processo che in questo settore può rivelarsi lungo e costoso. “Per mettere in commercio un nuovo medicinale sono necessari 10-15 anni di studi e ricerche, oltre 1 miliardo di euro di investimenti, solo una sostanza ogni 10 mila arriva sul mercato e solo 2 farmaci su 10 ammortizzano i costi”, si legge in una nota di Farmindustria, l’associazione delle imprese del farmaco.
In Italia le imprese del farmaco contano 174 stabilimenti di produzione e quasi 40 mila addetti impiegati alla produzione o come personale di sede, il 60% dei 64 mila totali. La farmaceutica esporta il 67% dei suoi 26 miliardi prodotti ogni anno e dal 2007 l’export italiano è cresciuto più che nell’Ue15 (+44% rispetto a +28%).
La farmaceutica e il suo indotto, un insieme di aziende hi-tech, contano 123 mila addetti, una dimensione pari a quella dell’industria tessile.
Alcuni segnali di rischio
E se i numeri parlano sempre chiaro alcuni segnali di rischio sono invece nell’aria. Nel 2012 ad esempio per la prima volta in dieci anni gli investimenti sono diminuiti; i tempi per innovare sono lunghi così come i tempi dei pagamenti della pubblica amministrazione in media di quasi 250 giorni, con punte di oltre 600, per un credito totale vantato dalle imprese di 4 miliardi (circa il 30% del fatturato a ricavo industria derivante della spesa pubblica), di cui 1,7 relativo a contratti firmati da inizio 2013.
Tutto ciò, insieme al calo dell’occupazione dal 2006 di 11.500 mila addetti e il diminuire degli studi clinici del 23% in 3 anni, mostrano la necessità di scelte urgenti.
Le misure per crescere
Per tornare a crescere le imprese del farmaco chiedono adesso un quadro normativo e regolatorio più competitivo garantito da un Patto triennale per il settore e da una minore frammentazione a livello regionale, oltre che un migliore accesso all’innovazione, alla semplificazione burocratica, al rispetto della proprietà intellettuale e alla valorizzazione della presenza industriale attraverso il riconoscimento del marchio.
Farmindustria, ha iniziato un tour itinerante dal titolo “Produzione di Valore. L’industria del farmaco: un patrimonio che l’Italia non può perdere” che sta per giungere ora a Parma, dopo aver toccato Sesto Fiorentino e Bologna.