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Idem, nella “sua” Germania si sarebbe già dimessa? Sì, no, forse

Non si placano le polemiche sul presunto mancato pagamento dell’Ici su un immobile di proprietà dell’olimpionica italo-tedesca Josefa Idem (nella foto).

La Idem, ministro dello Sport, Pari opportunità e Politiche giovanili del governo Letta, ha incassato per il momento la fiducia del premier che ritiene sufficienti le spiegazioni offerte dall’olimpionica, secondo la quale si tratterebbe di un errore al quale è pronta a rimediare.

In un’intervista a Repubblica, il ministro ha detto che non sapeva “dell’Ici non pagata” e ha garantito che “come qualunque cittadino se ci sono state irregolarità pagherò con gli interessi“. Inoltre, ha spiegato, “non mi sono mai occupata personalmente della gestione di queste cose. Nella mia vita ho passato tre settimane al mese in canoa, dodici mesi l’anno“.
Una risposta che non soddisfa però gli avversari politici, che si chiedono cosa sarebbe accaduto se la “tedesca” Idem avesse commesso la stessa leggerezza nel suo Paese natale.

Giovanni Boggero scrive di Germania per i quotidiani Il Foglio e Libero e collabora con la rivista Aspenia. È dottorando di ricerca in diritto pubblico all’Università del Piemonte Orientale e assistente presso la medesima cattedra del professor Joerg Luther.
In una conversazione con Formiche.net spiega perché, senza ombra di dubbio, in Germania la carriera politica di Josefa Idem sarebbe già finita.

Lei su Twitter è stato da subito molto critico nei confronti della Idem. Perché?
Ho l’impressione che, al di là delle interviste ai giornali amici, il ministro Idem, anziché convocare una conferenza stampa o, meglio ancora, andare di fronte al Parlamento per spiegare, sfugga ad ogni richiesta di chiarimento. Nella sua Germania non sarebbe tollerabile dire “parleranno i miei avvocati”. A maggior ragione se si tratta di un caso di elusione fiscale.

Eppure una spiegazione ha provato a darla. Che cosa non la convince della difesa del ministro a Repubblica?
La credibilità della difesa del Ministro è effettivamente molto bassa. Lo ha spiegato bene Alessandro Gilioli su L’Espresso. L’ignoranza della legge non scusa, dire “non sapevo” non è sufficiente. Nessun ministro tedesco reagirebbe così. Al massimo, tenterebbe di argomentare di aver pagato tutto fino all’ultimo centesimo, prendendo tempo. Il vero problema, comunque, è il modo con cui la Idem evita il confronto con stampa e Parlamento. Quando ti trovi in una situazione di questo tipo, in Germania, la stampa ti massacra e tu non puoi sottrarti, né tanto meno mostrarti indignato. È una regola del gioco.

Che differenze e similitudini riscontra rispetto ai casi di dimissioni in Germania?
Può darsi che alla fine la Idem si dimetterà. D’altronde, persino Scajola l’ha fatto. Anche in Germania ci è voluto tanto tempo prima che il ministro zu Guttenberg o la collega Annette Schavan si facessero da parte. A giocare un ruolo determinante è la stampa, che una volta individuato il bersaglio non lo molla sino alle dimissioni; ma, devo dire, anche la classe politica. Se la Idem fosse ministro in Germania i colleghi di partito le avrebbero pian piano fatto il vuoto attorno, costringendola alle dimissioni.

Considerato – chiamiamolo così – il differente “senso etico” italiano (che non deve essere una scusa, per carità), non è forse eccessivo chiederne le dimissioni a fronte di una elusione la cui volontarietà è tutta da provare? Il caso della Idem e quello dell’ex ministro Claudio Scajola, richiamato da lei, sono in fondo molto differenti.
C’è poco da provare. La Idem ha rettificato la sua posizione con il fisco. Quindi il problema c’è. E anche se bisognasse ancora chiarire la portata dell’elusione, le dimissioni in Germania arrivano comunque. Sono automatiche. E hanno a che fare con il venir meno della credibilità del politico di fronte all’opinione pubblica. Non si scappa.

Intervista a Josefa Idem a Che tempo che fa (fonte video: Rai Tv)



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