“Taci, il giornalista ti ascolta!”. Con (l’ennesimo) richiamo al fascismo, Grillo ha rilanciato ieri la sua crociata contro i giornalisti, che a giudizio del barbuto leader “infestano le Camere” e che andrebbero “disciplinati” – e meno male che non gli sia scappato un “deportati” – in appositi spazi fuori dal Palazzo.
Ma di cosa sarebbero rei i cronisti parlamentari, carezzati a botte di “pennivendoli” e “gossippari”? Di andare alla ricerca della parola sbagliata, del sussurro, braccando “i parlamentari per le scale o al cesso”. Insomma, fuori dal colorito e immaginifico linguaggio di Grillo, la colpa dei giornalisti parlamentari è andare a caccia di notizie, una cosa che somiglia pericolosamente al fare il loro lavoro.
Che poi ci può anche stare che un politico o una forza politica abbiano in antipatia chi divulga cose che si vorrebbero tenere riservate, se non segrete. Ma fa francamente ridere che a professare la “sacralità” delle Camere e la segretezza su quanto lì viene detto sia proprio chi è sbarcato in Parlamento col suo manipolo armato di apriscatole urlando “trasparenza” a pieni polmoni.
Ma si sa, Grillo pretende e riconosce solo a se stesso l’esclusiva, anzi il monopolio, sull’etica, sulla morale, sull’onestà e – da ieri lo sappiamo per certo – sulla trasparenza. Quindi quella sua va bene, quella degli altri, soprattutto quando riguarda anche lui e i suoi, no.