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Ior, perché per Papa Francesco non si può più aspettare. Parla il vaticanista Marroni

Quello che accade ed è accaduto nell’Istituto per le opere di religione (Ior) non può restare dentro il Torrione Niccolò V. Ne è convinto Papa Bergoglio che con l’istituzione a sorpresa della commissione referente per lo Ior intende essere personalmente informato su tutto ciò che riguarda le sue attività e ricevere tutti i documenti che gli saranno utili per riformare la Curia.
Una decisione dagli effetti potenzialmente dirompenti e che non ha precedenti: “Non era mai accaduto che si potesse indagare sulle finanze vaticane con pieni poteri e disintermediando del tutto gli uffici della Curia. Neppure all’epoca del caso Ambrosiano”, scrive il vaticanista del Sole 24 ore Carlo Marroni in un’analisi pubblicata oggi sul quotidiano.

Una funzione preziosa
Acronimo di Istituto per le Opere Religiose, lo Ior è stato fondato nel 1942 da Pio XII con l’obiettivo di “provvedere alla custodia e all’amministrazione dei beni mobili e immobili trasferiti o affidati allo Ior medesimo da persone fisiche o giuridiche e destinati a opere di religione e carità”, anche se un ente analogo era già stato creato precedentemente da Leone XIII.
“Una vita relativamente breve nella storia della Chiesa per parlare di precedenti”, ci tiene a sottolineare Marroni in una conversazione con Formiche.net. “L’Istituto ha una funzione preziosa ma ciò che lo ha contraddistinto da sempre è una connotazione negativa. Ci sono stati due eventi di rilievo: lo scandalo degli anni ’80 e la crisi dell’anno scorso che ha portato all’allontanamento del presidente Ettore Gotti Tedeschi”. Ma si possono ricordare anche “le tangenti degli anni ‘90, le verità di Luigi Bisignani, la storia dei grandi appalti. Tutti eventi che hanno contribuito a far si che se ne parlasse sempre come una banca offshore dove transitavano soldi sporchi”.

Tra immagine e sostanza
Per Marroni il suo problema risiede nella distanza che si è venuta a creare tra immagine e sostanza: “L’Istituto ha svolto e continua a svolgere tante opere buone e giuste, ed è lo stesso Bergoglio a ricordarlo, ma il pontificato di Ratzinger non è stato capace di risolvere i problemi che hanno offuscato la sua missione originaria”, commenta Marroni.
“Lo testimoniano – continua il vaticanista del Sole 24 ore – anche la nomina del nuovo presidente dello Ior dello scorso febbraio, il nobile tedesco Ernst von Freyberg appartenente ai Cavalieri di Malta, avvenuta a pochi giorni dall’inizio della sede vacante per la rinuncia di Benedetto XVI, e le modalità sconcertanti con cui venne mandato via Ettore Gotti Tedeschi”.

La rivoluzione di Papa Francesco
La revisione della Curia è stata posta in alto nell’agenda del neoeletto Papa Bergoglio: snellimento, accorpamento, ma soprattutto chiarezza intorno allo Ior, facendo delle sue omelie a Santa Marta il luogo simbolo del Pontificato. È da qui che via via Francesco ha lanciato piccoli sassolini: “Lo Ior è necessario fino ad un certo punto” (24 aprile), “San Pietro non aveva una banca”, (11 giugno).
“Battute che certi ambienti che mal sopportano lo stile di Papa Francesco hanno sottovalutato o addirittura etichettato come gaffe”, commenta Marroni.
Ma Francesco non fa nulla a caso: “Il Papa governa – dichiara il giornalista -. In tre mesi e mezzo di pontificato ha realizzato cose importanti se rapportate ai tempi della Chiesa. Giovanni Paolo II impiegò ben dieci anni per ridisegnare la governance dell’Istituto.
Mentre per quanto riguarda Benedetto XVI Marroni dichiara: “Ratzinger era molto migliore dei ratzingeriani, ma durante il suo pontificato è stata assecondata la visione dello Ior come una banca d’affari”.

Il metodo di Papa Francesco
“Lui sta attuando un metodo importante: prima capire tutto per bene e poi decidere”, dichiara il vaticanista del Sole 24 ore.
E per Bergoglio quando si parla di riassetto nella curia non si intende una ripartizione di poltrone: “Papa Francesco inizia dallo Ior ma con metodo – commenta Marroni -. E alla base di questo metodo per Marroni il Papa ha posto la “conoscenza” e non la “collocazione nei posti chiave di uomini di sua fiducia”.
Una sete di conoscenza dietro la quale potrebbe nascondersi forse qualcosa di più: “Probabilmente nel Vatileaks c’è molto più di Ior di quanto non si pensi”.

L’offensiva mediatica
Poco dopo il suo insediamento, il nuovo vertice dello Ior ha ritenuto opportuno avvalersi di una società di comunicazione esterna. “Una scelta che poco gli si addice”, commenta Marroni.
Il 31 maggio scorso sono state infatti concesse una serie di rassicuranti interviste sulla stampa internazionale, vedi quella al New York Times e al Financial Times, nelle quali a fronte di un continuo lavoro verso la trasparenza, si denunciava che il problema reale per l’Istituto è quello dell’immagine e della comunicazione.
A queste si è aggiunta un’uscita del direttore dello Ior, Paolo Cipriani, che al “Il Giornale” ha spiegato quanto la “banca vaticana” sia “essenziale” e “doverosa” per la libertà della Chiesa.
Un’intervista che a quanto pare non ha trovato d’accordo il Papa, che ha deciso di continuare la sua indagine per mezzo della nuova commissione.

Lo stile di Bergoglio in cui i fedeli si rispecchiano
“La Chiesa è fatta anche di persone che si riconoscono nel loro Papa – dice Marroni -. E se alcuni piccoli simboli che rimandano ai valori della semplicità possono funzionare in politica (vedi la rinuncia alle auto blu) gli stessi non vanno sottovalutati dentro le mura vaticane, nonostante l’ormai scomparso mondo che girava intorno a Ratzinger abbia mal digerito l’ondata di entusiasmo per il ‘Bergoglio style’”. E per Marroni questo vale anche per i non credenti: “In Italia anche l’ateismo è relativo e anche un ateo alla forza di un Papa riconosce la sua positività”.
Lo stesso sta accadendo in merito alle recenti scelte di papa Francesco: “Anche sullo Ior c’è un forte consenso”, conclude Marroni.

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