In Italia nel 2011 la spesa in ricerca e sviluppo in campo energetico è cresciuta ad una velocità tripla rispetto alla media (+34,3% contro un +6,1% complessivo degli altri settori). A rivelarlo è il Rapporto 2013 sull’Innovazione Energetica di I-Com (Istituto per la Competitività), think tank che effettua analisi sul tema della competitività dell’Italia nel contesto politico-economico internazionale.
Il rapporto presentato oggi a Roma, curato da Franco D’Amore e Massimo La Scala e svolto in collaborazione con Abb Italia, Assoelettrica, Cnr, Enea, Enel, Eni, Rse e Terna, evidenzia un cospicuo aumento degli investimenti nella ricerca energetica nel mondo.
Quanto e dove si investe in Italia
Pur evidenziando una ripresa rispetto al 2010, con 1,31 miliardi di dollari, l’Italia si posiziona però in fondo alla classifica dei principali Paesi per gli investimenti in innovazione energetica. Un significativo aumento registrano sia le risorse pubbliche investite (+23%) sia quelle private (+5%).
Gli investimenti pubblici si sono concentrati in particolare sul settore dell’efficienza energetica (24% del totale), che invece a livello globale vede un peso molto inferiore (8%). Tra i paesi europei solo il Regno Unito fa meglio dell’Italia in questo ambito. Dimezzato, rispetto a 10 anni prima, il volume di risorse destinate al nucleare (23%), mentre le rinnovabili si attestano al 17%.
Pubblicazioni scientifiche vs brevetti
È nel campo delle pubblicazioni scientifiche che l’Italia si colloca ai primi posti della classifica dei principali player dell’innovazione energetica stilata da I-Com: con 113 articoli pubblicati nel 2012 dei quasi 2.500 articoli pubblicati sulle più prestigiose riviste scientifiche internazionali del settore energetico, il nostro Paese si piazza al quinto posto, con la Lombardia prima tra le regioni con il 21% di pubblicazioni in campo energetico, seguita dalla Sicilia, con il 10%.
Ma a una elevata produttività nazionale nel campo della ricerca non fa fronte un adeguato output in fatto di brevettazione. Su un campione di 17.437 brevetti depositati presso l’ufficio brevetti europeo nel 2012 e relativo alle tecnologie energetiche a bassi impatto ambientale, solo 154 sono italiani.
Nel passaggio tra ricerca di base e ricerca applicata la Lombardia continua a primeggiare con il 30% dei brevetti, mentre le regioni meridionali evidenziano la scollatura più forte. Questo accade soprattutto in Sicilia, regione che nonostante la buona produzione di articoli scientifici, si posiziona al tredicesimo posto.
La ragione? La scarsa propensione italiana a brevettare potrebbe risiedere primariamente nella struttura stessa del tessuto produttivo, fondato su una larga diffusione di aziende di piccola dimensione.
Analisi e proposte per sostenere l’innovazione
Lo studio di I-Com propone una serie di considerazioni sul ruolo dei diversi attori coinvolti in questo processo.
Come accade all’estero, nei paesi più avanzati, I-Com propone di affrontare il nodo delle Pmi, mettendole al centro di specifiche piattaforme di sviluppo con strumenti dedicati e di puntare su programmi di ricerca a lungo termine e di forte impatto limitando la frammentazione delle risorse a fronte di una quantità sempre più limitata.
Il Rapporto invita poi a promuovere con decisione la realizzazione di progetti dimostrativi in campo energetico, snellendo i processi autorizzativi e rendendo più efficiente il sistema delle incentivazioni e sensibilizza gli operatori del settore ad avere una visione di medio termine sugli obiettivi di politica energetica nazionale e con la strategia industriale e della ricerca.
È importante inoltre che l’Italia contribuisca attivamente alla definizione di obiettivi e strumenti nell’ambito della politica europea a favore dell’innovazione energetica garantendo un’adeguata rappresentanza delle esigenze del tessuto produttivo nazionale.