La questione delle identità sta diventando fondamentale nei rapporti tra Scelta Civica e Udc. Per Scelta Civica si tratta di gestire il complicatissimo passaggio da esperienza parlamentare a soggetto politico nuovo. Per l’Udc, al contrario, si tratta di verificare se la preesistente identità (che discende dall’opzione popolare-europea di De Gasperi) è componibile con la nascita di un nuovo partito che non abbia questa scelta quale fondamento della propria partecipazione all’attuale vicenda europea.
Non è una questione del tutto avulsa dai problemi quotidiani che assillano tanti italiani che si ritengono colpiti dalla cosiddetta “linea del rigore” perseguita dal governo Monti. Essa piuttosto attiene all’idea stessa di soggetto politico che si ha in mente: partito politico o semplice movimento della società civile?
Tutta la vicenda politica e sociale italiana ruota sostanzialmente intorno al problema della natura dei partiti politici: liquida o solida; stabile o elettoralistica?
Appare di conseguenza del tutto normale che l’Udc confermi anche con determinazione la propria specifica natura identitaria, non solo e non soltanto quale partito di ispirazione cristiana, ma anche e soprattutto quale erede di quanti diedero vita all’integrazione europea considerandola necessariamente strutturata in almeno due grandi schieramenti – identitari appunto – il partito popolare europeo e il partito socialista europeo dall’altro.
Questi due grandi soggetti sono rimasti a lungo determinanti per il funzionamento stesso del Parlamento europeo ed ancora oggi sono chiamati a svolgere un ruolo fondamentale nella costruzione dell’Unione europea nata a Lisbona e certamente preparata da Maastricht.
Non si tratta dunque di aggrapparsi a fatti del passato, ma di riaffermare una identità tuttora significativa nel contesto delle straordinarie novità socio-politiche non solo europee dell’ultimo quarto di secolo.
Quella antica, ma non vecchia, identità si è infatti venuta sempre più confrontando con altre proposte politiche emerse nel corso degli ultimi decenni, ovverosia i Verdi da una parte e i Liberal-democratici dall’altra.
Questa riaffermata identità è a sua volta del tutto componibile con un’ispirazione riformatrice. Non vi è alcuna ragione per considerare il riformismo alternativo alla identità.
Come tutti sappiamo anche i riformismi sono della più diversa natura, e ciascuno di essi ha certamente bisogno di una qualche specifica identità.
Le due sfide a cui è chiamato il governo Letta – non meno di quanto si possa affermare per il governo Monti – sono contemporaneamente di identità e di volontà riformatrice: il rigore dei conti pubblici e la vita quotidiana delle persone.