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Ecco perché la Turchia rischia la svolta autoritaria

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La Turchia è scossa da un’escalation di violenza. Il premier Recep Tayyip Erdogan ha esacerbato un clima già teso, autorizzando la polizia ad usare i lacrimogeni per disperdere la folla dei manifestanti radunati da oltre 10 giorni a Piazza Taksim.

In un recente discorso in Parlamento, il primo ministro turco ha più volte criticato i giovani che animano la rivolta del parco Gezi, ritenendoli strumentalizzati e gridando a un complotto mirato a destabilizzare economicamente e politicamente il Paese.

In una conversazione con Formiche.net, Marta Ottaviani, corrispondente dell’agenzia Tmnews e collaboratrice di Avvenire e La Stampa, spiega perché quella turca non è una primavera araba, ma potrebbe avere una svolta autoritaria.

Da quando hanno avuto inizio, le manifestazioni di Piazza Taksim sono state paragonate alle primavere arabe. Ma c’è effettivamente qualcosa di simile tra queste proteste? E quali sono invece le differenze?
Io sarei veramente molto cauta prima di utilizzare questo termine. La Turchia ha differenze con il mondo arabo rilevanti e nel caso specifico occorre ricordare che il premier Erdogan è stato eletto per ben tre volte, con consensi plebiscitari e in elezioni considerate regolari. La similitudine, purtroppo, consiste nel fatto che potrebbero non portare ad alcun risultato.

Da chi è formato il movimento di protesta di Piazza Taksim? Esiste un punto di riferimento? E cosa chiedono i manifestanti?
Sono anime molto diverse, la piattaforma Taksim comprende un’ottantina di nomi fra associazioni e movimenti politici, si tratta soprattutto di formazioni afferenti ai movimenti comunisti e socialisti che erano attive negli Anni Settanta, ma anche di partiti che non raccolgono consensi a sufficienza per entrare in Parlamento.

Tra i manifestanti ci sono anche rappresentanti del movimento dei curdi. Perché manifestano?
Sarebbe un grosso errore pensare che la minoranza curda sia unitaria. Non lo è affatto. Il partito curdo non si è schierato ufficialmente con le proteste a causa della trattativa dello Stato turco in corso con il Pkk, ma c’è comunque una parte dei curdi che a questa trattativa è contraria e che ha elementi di criticità nei confronti del governo islamico-moderato in carica.

Proteste in piazza Taksim a Istanbul

In che cosa consiste l’islamizzazione della Turchia di cui si sente parlare in questi giorni? Cosa ha in mente Erdogan?
Più che islamizzazione parlerei di forte autoritarismo in senso conservatore. Difficile dire che cosa abbia in mente. Possiamo affermare che negli ultimi due anni il premier è stato vittima di manie di grandezza e deliri di onnipotenza sempre crescenti, che hanno allarmato le persone che sono scese in piazza (alcuni di questi lo hanno anche votato). Dal punto di vista politico, la nuova legge sull’istruzione, che consente l’invio di studenti alle scuole vocazionali da quando hanno 10 anni e le nuove regole sull’acquisto di alcol sono stati percepiti come un attacco ai fondamenti laici del Paese.

Quali sono stati gli errori di Erdogan?
Sicuramente l’eccessiva sicurezza di se stesso e una valutazione errata di alcune situazioni contingenti, mi riferisco soprattutto alla politica estera e alla situazione siriana, che è stata gestita in modo scellerato.

Come si sono comportati i media nazionali di fronte alle proteste? Quale invece il ruolo dei social network?
I media nazionali si sono comportati in modo vergognoso, soprattutto all’inizio. I social network sono stati molto attivi, sicuramente uno degli ingredienti fondamentali della protesta.

Ieri Erdogan ha dichiarato che la pazienza del suo governo ha dei limiti. Come si muoverà ora nei confronti della protesta, ci sarà un’ulteriore svolta autoritaria?
Purtroppo tutto va in questa direzione, ma credo che non ascoltare questa piazza sia un grosso errore, che il premier rischia di pagare prima o poi.

Scene di protesta in piazza Taksim, Istanbul (fonte video: Russia Today)



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