La delusione tra i tifosi della rivoluzione liberale è ancora forte per poter ripercorrere quei sentieri politici con una Forza Italia bis, osserva l’economista Nicola Rossi, già senatore e anima del pensatoio liberale montezemoliano Italia Futura. Rossi con Formiche.net ragiona su quanto sia complicato e fuorviante “cambiare solo l’insegna dinanzi a un negozio”.
Berlusconi riguiderà Forza Italia. Dove ha fallito il Pdl?
Forse dovremmo chiederci dove Berlusconi abbia fallito. Credo abbia tradito il senso più profondo della campagna elettorale del ’94. Non ha consegnato agli italiani un Paese meno statalizzato, con un minor carico fiscale, con meno spesa pubblica, un’Italia più semplice e più facile in cui aveva fiducia nella capacità degli italiani di saper perseguire obiettivi individuali e collettivi. Questo è il nodo principale.
Troppo ottimista chi già trionfa per un brand nuovo, anzi vecchio?
Mi permetto di osservare che non è sufficiente cambiare le etichette: il problema vero è riprendere quello spirito, avendone la possibilità, oltre che le energie e la capacità. La cosa è molto complicata, perché alle spalle abbiamo vent’anni in cui tutti, ivi incluso purtroppo anche il centrodestra, hanno seguito strade radicalmente diverse da quelle che erano state immaginate nel ’94.
Un errore essersi privati di intellettuali liberali per farsi “partito” a tutti gli effetti?
È stato un errore non capire quanta fiducia gli italiani, ad un certo punto, avessero riposto in quel messaggio. E lo dico non essendo stato un elettore di Forza Italia. Non è facile creare condizioni di attesa in un elettorato. Quando poi si disattende quell’attesa è difficile ricrearla. Quanto alle personalità, credo vengano un attimo dopo la forza di quel messaggio di allora e l’imperizia con cui lo si è perseguito.
Rispetto al ’94 quanto è cambiata l’Italia?
Oggi la pressione fiscale è più elevata rispetto al ’94, come più alto è il livello di spesa pubblica, la presenza dello Stato nell’economia. Per cui i motivi autentici per una ripresa ci sarebbero ancora. Il punto vero è che bisogna farlo in maniera credibile ed è molto complesso risultare credibili solo cambiando l’insegna fuori dal negozio.
Ma al di là delle sigle, esiste un terreno comune tra Forza Italia, Italia Aperta, Italia Futura e Fare?
Noto che un fermento abbastanza ampio di iniziative, in quanto esistono parti importanti della società che vedono addirittura abbandonate – anche per dichiarazioni – alcune ipotesi. Ormai non parliamo più di privatizzazioni, di attaccare seriamente la Pubblica Amministrazione. Non abbiamo fatto quasi nulla per anni, ma almeno prima qualcuno ne parlava: oggi abbiamo finito anche di parlarne saltuariamente. Non a caso il tema è sentito da una serie di realtà come quelle citate, che segnalano come un pezzo significativo della società italiana, soprattutto quella che quotidianamente compete, avverta la questione.
Come potranno le idee comuni avere sentieri comuni?
Se queste pulsioni possano o meno trasformarsi in altro, questo non è facile da dire. Però è già molto positivo che ci sia chi pienamente lavora per ricordare agli italiani che le soluzioni non sono quelle che ci siamo dati negli ultimi vent’anni: più tasse e più spesa. Sono proprio queste che ci hanno condotti a questo punto.
Il suo nome circola per il dopo Vendola come possibile candidato governatore in Puglia in una sorta di esperimento liberal-riformatore. Solo voci?
Non so di cosa lei parli. Quello che posso dire è che è giunto il momento di fare un bilancio di ciò che è accaduto in Puglia dopo otto anni. Ho la netta sensazione che sia stata fatta una straordinaria operazione di comunicazione, al di là della quale credo ci sia molto poco.
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