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Il calcio italiano in mano alle banche. Più vicino il default?

Messi, Neymar, Higuain, Benzema, Cavani. Il calcio italiano non ha più l’appeal di dieci anni fa, come dimostra il fatto che la maggior parte dei top player scelgono altre destinazioni (Spagna, Francia e Inghilterra). Ma gli sfarzi del passato pesano alla voce debiti per le squadre di serie A, con le banche che ormai in alcuni casi detengono non solo quote societarie ma veri e propri buchi.

Il caso Roma
Il caso più eclatante è a Roma. Anche se il presidente italoamericano James Pallotta figura come proprietario della squadra della Capitale, il vero deus ex machina non è un singolo individuo, ma una banca. E precisamente l’Unicredit. In soli sei mesi dello scorso anno, precisamente dal luglio al dicembre 2012, i conti hanno accusato una perdita netta di 26,1 milioni di euro, inferiore di 1,1 milioni a quella dello stesso periodo del 2011. Ma è il patrimonio netto consolidato (negativo per 78,5 milioni) a preoccupare maggiormente. Come ha certificato la società di revisione Bdo, i numeri della Roma peggiorano vistosamente, anche solo rispetto al giugno di dodici mesi fa quando il patrimonio netto era negativo per 52,46 milioni. Il nodo è solo una ricapitalizzazione? Al momento UniCredit è di fatto l’azionista di minoranza, con il 40%, della società mentre il resto è in mano alla Neep Roma Holding Spa. Il socio di maggioranza della Neep (al 60%) è la As Roma Spv Llc, che rappresenta i quattro soci americani guidati da James Pallotta. Ma proprio la Neep holding, come risulta dal prospetto semestrale, ha anticipato non solo 13,8 milioni per “mensilità arretrate”, ma altri 15 per i nuovi stipendi che si aggiungono ai 50 versati nel maggio 2012. Non aiutano i risultati degli ultimi due anni, con la prossima stagione senza coppe e con il nodo dei pezzi pregiati tentati dai milioni di Napoli e Chelesa. Vicina la resa dei conti?

Inter parlerà tedesco
Fino ad oggi i debiti del club milanese presieduto dalla famiglia Moratti sono stati ripianati non dalla società petrolifera di famiglia ma direttamente dalle tasche del numero uno. Si tratta di numeri agghiaccianti: al 30 giugno 2009 l’Inter aveva debiti per 431,55 milioni, aumentati rispetto ai 395 milioni del 30 giugno 2008. In attesa dei dati ufficiali relativi al 2013, tra ripianamenti personali e alleggerimento del monte ingaggi già avviato, quest’anno la passività non dovrebbe toccare i cento milioni. Ragion per cui, al di là della trattativa per cedere il 40% o addirittura il 75% (come gli ultimi rumors rivelano) al magnate indonesiano Erik Thohir, resta il nuovo e imprevisto accordo con la Deutsche Bank, che potrebbe garantire stabilità ma anche ulteriore presenza di un istituto (questa volta straniero) in serie A.

Se Atene piange, Sparta non ride
Dall’altro lato dei Navigli non sorride la squadra di Berlusconi. Dopo tre lustri di partnership con Intesa San Paolo, la società rossonera vira su Bpm. L’istituto lombardo sarà al fianco del Milan per i prossimi tre anni e avrà un bel daffare. Al dicembre 2012 mentre le plusvalenze sono state di 53,4 milioni, il totale dei debiti è sceso di pochissimo da 386 a 342 milioni, con i debiti verso le banche scesi da 156 a 108 milioni. Anche se resistono quelli tributari di 15 milioni e quelli verso altri finanziatori a 135 milioni (di cui 116 verso società di factoring per anticipazioni su crediti futuri di natura commerciale).

Default Treviso
Adriano Tartaglia, direttore generale di Banca Treviso, che ha materialmente il mandato a vendere, ha rifiutato un’offerta avanzata dal patron di Segafredo caffè, l’imprenditore Massimo Zanetti. Pare che non abbia valutato soddisfacente l’offerta da un milione e duecentomila. E ciò in virtù del fatto che la società di calcio ha pendenze proprio con la banca per un milione e ottocentomila, di cui seicentomila euro accumulato dai soci e un milione e 200mila euro verso i fornitori. Per cui dall’istituto bancario trevigiano la posizione è di fermezza sul rientro totale della propria esposizione: chi volesse acquisire la squadra dovrebbe spenderne inizialmente almeno tre. Se nel triveneto “ridens” non si riesce a mettere insieme lo stipendio di un anno di un Antonio Cassano per salvare una squadra, come sarà la situazione al sud?

Prossima fermata, Spagna e Inghilterra?
Ma al di là dei numeri italiani, con serie difficoltà di numerosi club di tutte le categorie legate all’iscrizione, è la Spagna ad essere indicata dai bookmakers come la prossima vittima (anche se gli arabi stanno arrivando in soccorso). Per quanto ancora le banche del paese, in un momento gravissimo, potranno continuare a tollerare esposizioni così pesanti per Real Madrid e Barcellona (300 e 400 milioni)? Ma nonostante le inglesi Chelsea e Manchester United abbiano debiti più pesanti (800 milioni), per loro pare garantire lo sceicco di turno. Chapeau.

twitter@FDepalo


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