Colpa delle lobby di avvocati o della politica che non supera istanze e fuochi di sbarramento? All’indomani dell’allarme sulle riforme lanciato dal ministro della Giustizia Annamaria Cancellieri (“Gli avvocati, le grandi lobby impediscono che il Paese diventi normale”) ecco quello che Pdl, Pd e Scelta civica hanno proposto in campagna elettorale sulla riforma delle professioni.
Pdl
Gli azzurri sulle liberalizzazioni hanno redatto un apposito dossier di 13 proposte avanzate all'allora premier Monti nel gennaio scorso. Sulle professioni si legge che occorre tenere conto dei “diversi profili di carattere giuridico e della base di carattere costituzionale che ne giustifica i postulati” per un intervento che sia armonico. Sugli avvocati “la qualificazione tecnica è essenziale al fine del diritto alla difesa (art. 3 e 111 Cost)” e per garantire un giusto processo (art. 24 Cost; Convenzione europea dei diritti dell’uomo; Patto internazionale sui diritti civili e politici). La certificazione dei notai poi, “resta essenziale fino a quando la P.A. non sarà attrezzata (catasto e organizzazione dei Tribunali) per garantire la certezza della certificazione”. Per questo asserivano che i processi di riforma dei relativi ordini non possono far venire meno questi presupposti di natura pubblicistica. Quindi sarà necessario ridurre “le barriere all’accesso, ma senza giungere a forme di completa e anarchica liberalizzazione, grazie ad un colloquio serrato con le categorie interessate”.
Pd
Dal febbraio 2011 i democratici hanno depositato in Parlamento un pacchetto di proposte per riformare le professioni in cinque punti. Punto di partenza la modernizzazione di ruolo e assetto degli Ordini professionali che garantisca concorrenza e credibilità della professione, riducendo i costi, a carico degli iscritti, per il funzionamento degli organi e delle strutture amministrative degli Ordini. Garantire pari opportunità alle giovani generazioni accorciando la distanza tra le fasi di studio e accesso all’esercizio effettivo della professione, con una riforma del tirocinio, prevedendo una durata limitata ed un equo compenso. Infine riconoscere le professioni non regolamentate (circa 3 milioni) che svolgono attività non regolamentate in Ordini, attribuendo ad esse anche compiti di qualificazione professionale.
Scelta Civica
I montiani per crescere chiedono che le professioni si modernizzino. E propongono di rivedere le modalità di accesso alle professioni (in particolare forense e giornalistica su cui vi è già stata ampia riflessione), adattare la disciplina della Srl semplificata (unificandola eventualmente con quella della Srl a capitale ridotto) e introdurre una disciplina delle garanzie mobiliari “senza spossessamento – mutuando le esperienze di paesi europei con sistemi giuridici comparabili al nostro – con l’obiettivo di agevolare l’accesso al credito”.
L'allarme dell'Antitrust
Meno di un mese fa Giovanni Pitruzzella, presidente dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato, in occasione di un’audizione in Commissione Attività produttive della Camera ha certificato che se da un lato le disposizioni normative degli ultimi anni “hanno contribuito ad aprire il mercato dei servizi professionali regolamentati” (si veda il caso delle tariffe professionali non più obbligatorie) dall’altro “la piena efficacia delle norme di liberalizzazione del settore delle libere professioni risulta ancora ostacolata da riferimenti normativi che legano l’adeguatezza del compenso al decoro professionale e all’importanza dell’opera”. E ha citato uno dei maggiori ostacoli all’accesso alle professioni fin dall’ammissione ai corsi. La soluzione? Un maggior grado di competitività secondo il binomio “più riforme-più concorrenza”.
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