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Cerami visto da(l) vicino

Un segnale del destino: da qualche giorno il tratto romano della via Trionfale che permetteva di arrivare a casa di Vincenzo Cerami era chiuso al traffico.
Un vaticinio: come a voler indicare che quella strada non serviva più a nulla, non poteva più portarti a sentire le risate di quello che tutti hanno conosciuto nei panni dello sceneggiatore di grandi film (tra tutti, “La vita è bella”) e dello scrittore di preziosi saggi e romanzi.

Il vicino Vincenzo Cerami
Da qualche anno il cielo mi aveva condotto, a portata di mano, proprio Cerami: a pochi passi ritrovavo un vicino gentilissimo, con un grande appartamento dal quale, grazie a una strategica finestra all’attico, si divertiva a indicare la cupola di San Pietro.
Amava tantissimo la compagnia, ma quella discreta, per parlare del senso della vita, delle donne e di Roberto Benigni, dell’amore per l’arte. “Ma lo vedi quanto è bello questo Savinio? Era di Pier Paolo”, diceva commosso quando indicava quel piccolo quadro, testimonianza di un antico sodalizio letterario con Pasolini, corroborato dall’affetto familiare.
Era talmente vitale, nella sua frenesia che lo rendeva capace di scrivere contemporaneamente tre sceneggiature, quattro libri, progettare spettacoli per l’amata figlia Aisha (“Hai visto quanto è brava?”, ed è realmente brava, come ha dimostrato in uno spettacolo alla Centrale Montemartini, e non solo), che la sua fine pare impossibile.
Eppure da tempo si stava spegnendo, perdendo progressivamente peso: e Vincenzo era un cultore della forma fisica, anche grazie alla passione giovanile per il rugby.

Racconti di una vita fuori dall’ordinario
Una vitalità repressa, quella di Cerami, coltivata ricordando la sua curiosa data di nascita il 2 novembre. E sottolineando che il suo stesso nome, Vincenzo Cerami, era sulla tomba che i genitori lo portavano a vedere proprio nel giorno della ricorrenza dei morti: si trattava del fratellino, mai conosciuto perché scomparso piccolissimo, che mamma e papà vollero riprodurre creando un altro Vincenzo. Lui stesso rideva di questa singolare tragedia, offrendo sempre un nuovo particolare, spassosissimo, che rendeva comico il racconto della sua visita al cimitero.
L’abbraccio che era capace di regalare, anche se lo avevi visto solo qualche ora prima, magari in occasione di una premiazione, è indimenticabile: si trattava della prova d’affetto di un gigante buono, un intellettuale che spesso non si sentiva amato dal mondo che doveva frequentare, e che preferiva il contatto diretto, il dialogo, sempre davanti a qualcosa da mangiare, con chi gli poteva offrire una visione diversa del mondo, la novità di qualche indiscrezione curiosa, scatenando la sua voglia di raccontare storie incredibili ma vere.
Le vacanze con il regista Gianni Amelio, gli scherzi agli attori, il legame fortissimo con Nicola Piovani,  E così si ricordava di un vecchio testo di Pasolini, che però nella ‘nuova’ abitazione non trovava, per poi rammentare che “si trova a casa di Graziella”, per portarti a via Fabio Massimo per rendere giustizia alla sua capacità di memorizzare dove erano nascoste le carte di Pasolini. Ma poi c’era anche lo studio “dai preti”, a due passi da Castel Sant’Angelo, dove creava in beato silenzio, all’interno di un istituto religioso. Era un mondo incantato, quello di Cerami, lontano anni luce dalle miserie della cattiveria quotidiana: anche se lui non dimenticava le ‘incomprensioni’ con Goffredo Fofi e Fulvio Abbate, per esempio. Senza negare qualche dettaglio critico nei confronti di Roberto Benigni, per la sua ossessione dantesca.

Un regalo indimenticabile
Anni fa mi fece un bellissimo regalo: ero l’autore di una trasmissione televisiva di T9, sotto la direzione di Gaetano Pedullà. Quasi sempre erano i politici, i protagonisti dell’ora di tv: e raccontavano non solo cosa stava succedendo nel parlamento e nel governo ma anche dettagli di vita privata. Aveva capito, parlandone, che volevo inserire qualche protagonista del mondo della cultura, e senza darmi il tempo di fargli la richiesta di partecipare alla trasmissione, volontariamente disse: “E se nella prossima puntata vengo io?” Inutile dire che furono sessanta minuti straordinari: in quel periodo, firmava degli splendidi fondi per la prima pagina del “Messaggero”, e l’allora direttore Roberto Napoletano (che poi lo portò al “Sole 24 Ore” nello spazio culturale della domenica) lo cercava disperatamente al telefonino cellulare per avere il privilegio di un suo testo.
Così, appena finita la trasmissione, Vincenzo chiese una stanza con un computer per onorare l’impegno con il quotidiano. Io, davanti al video, nella redazione del telegiornale, quasi tremavo battendo i tasti. Dopo aver donato tutto il suo tempo per venire nello studio, mi chiese con una gentilezza quasi ottocentesca “solo un quarto d’ora: ti va se io detto e tu scrivi?” La classica proposta impossibile da rifiutare. Ogni concetto era espresso con una chiarezza esemplare: aveva una capacità quasi musicale di procedere, dettando il testo. Nessun ripensamento: solo qualche pausa, per riflettere, e poi via con una nuova frase.

Fino al termine: mi fece anche inviare il testo alla mail della direzione, mentre lui era al telefono con la segreteria di via del Tritone. Una lezione di scrittura che non ha prezzo: e pensare che lui stesso provava un’autentica meraviglia, guardando i numeri delle vendite del suo libro “Consigli a un giovane scrittore”. Dicendo: “Ma lo vedi quanto piace ancora? Mi sembra incredibile”. Era un genio, senza farlo pesare.

Ciao Vincenzo.


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